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Il modulo trasportatore EDS avviò i propulsori staccando dall’orbita terrestre la navicella Orion. Il professor Nicolas Baj chiuse gli occhi e trasse un respiro, ormai più nulla lo legava al pianeta Terra, neppure la forza di gravità.

Tra gli altri membri dell’equipaggio, qualcuno mormorò parole d’addio al pianeta, qualcun altro si mosse forzando la cintura di sicurezza per allungare uno sguardo verso gli oblò panoramici, cercando la visione della sfera terrestre.

Baj rimase a capo chino. Non dava l’impressione d’essere un esploratore spaziale, un pioniere, piuttosto un annoiato pendolare metropolitano. Riaprì gli occhi concentrandoli sulla piccola sfera grigia che si rigirava tra le dita. Poteva trattarsi di un amuleto portafortuna, ma la fortuna era un concetto del tutto estraneo alla sua forma mentis.

Quando la Orion raggiunse l’orbita lunare prestabilita, tutto l’equipaggio si liberò dalle cinture, si sollevò dalle postazioni e galleggiando a gravità zero si mosse verso gli oblò, coronandoli a raggiera, come petali d’un fiore.

Il colonnello Finch, primo comandante della missione, si avvicinò al disincantato professore, rimasto seduto a gingillarsi con la sua pallina color antracite: – Professor Baj, non interessa anche a voi dare un ultimo addio alla Terra madre?

Baj, senza sollevare lo sguardo, mormorò: – Addio.

Finch non sapeva cosa pensare di quel vecchio scienziato. Era un’autorità, uno dei fondatori del progetto, ma anche un membro anomalo dell’equipaggio. Si chiese se per la missione potesse rivelarsi un problema piuttosto che una risorsa.

– Ci leggete il futuro in quella sfera, professore?

La risposta di Baj tacitò l’ironia del colonnello: – Nessun futuro, comandante, questa sfera è il mio passato. È composta di polveri sinterizzate: le ceneri del corpo di mio figlio compattate in una sfera perfetta.

La navicella Orion, grazie al modulo di allunaggio LSAM, si stacco dall’orbita per andare a posarsi presso la Base Shackleton, situata al polo Sud della Luna, sul bordo dell’omonimo cratere.

Nel corso delle fasi di allunaggio l’equipaggio vide l’astronave Miracle posizionata sulla piattaforma di lancio. Vederla pronta al decollo, scintillante tra i raggi solari radenti che l’accendevano di bagliori dorati, fu un’ennesima emozione straordinaria. Anche per coloro che su quella astronave ci avevano trascorso lunghi mesi e, in qualche caso, anni di addestramento.

Tutto era pronto per la loro partenza.

– Signor Generale, siamo certi della sanità mentale del professor Baj?

Non appena messo piede sui corridoi semoventi della base, il comandante Finch si era recato a rapporto dal Generale Dirigente. Giunto al cospetto dell’alto ufficiale, senza inutili preamboli, gli aveva rivolto la domanda che gli premeva.

Il responsabile del piano di decollo della Miracle non rispose, si limitò a inarcare un sopracciglio del volto autoritario.

Finch spiegò: – Il professore ha un comportamento poco collaborativo, asociale. Temo possa disturbare la coesione del gruppo. Mi dà l’idea che ad animarlo non sia lo spirito del colonizzatore ma quello degli antichi soldati della Legione Straniera Francese. Avete presente? Si arruolavano per dimenticare i dolori esistenziali, per perdersi nella sabbia del deserto, per farsi ammazzare non avendo da sé il coraggio di suicidarsi.

Il Generale inarcò anche il secondo sopracciglio: – Signor Finch, capisco le vostre perplessità, Baj si è inserito all’ultimo momento nell’equipaggio e voi temete che col suo prestigio possa disturbare la vostra autorità di comandante.

Idiota, pensò Finch, e con recitata impassibilità specificò: – Il professor Baj si trastulla col cadavere sinterizzato del figlio tra le dita.

– Il cadavere del figlio?

– Signorsì, sinterizzato in una piccola sfera.

Il Generale, grattandosi la lucida calotta cranica in cobalto, parve elaborare pensieri complessi. Poi emise un paio di colpi di tosse, quindi parlò: – Comandante Finch, come ben sapete il professor Baj segue il progetto “Marte Nuova Terra” da circa trent’anni, da prima della vostra nascita. È uno dei padri fondatori.

Finch capì subito l’antifona, Baj godeva di un’aura di prestigio che gli apriva tutte le porte, anche quelle della Miracle.

– Tutti abbiamo nei suoi confronti un debito di riconoscenza – proseguì il Generale, con enfasi militare da parata. – Se oggi possiamo salpare verso l’oceano siderale lo dobbiamo alle ricerche e alle sperimentazioni condotte da lui e dal suo collega Chandra... Sekha... insomma, l’altro padre fondatore.

– Il professor Rajendra Chandrasekhar?

– Esatto, il guru indiano. Voglio dire...

– Guru indiano, avete detto bene, perché anche la mente brillante di Chandrasekhar negli ultimi anni è andata in tilt. Era l’Albert Einstein del ventunesimo secolo ma ora si è trasformato in uno sciamano mediatico a dir poco ridicolo. Ha fatto una fine...