Recentemente, insieme a Roberto Chiavini, Walter Catalano e Luca Ortino, con i quali collabori da anni, hai riproposto sul mercato italiano Stanley Weinbaum, storico autore della prima fantascienza. Cosa può insegnare Weinbaum ai lettori del XXI secolo?
Più di quello che si possa pensare di primo acchito, secondo me. Ma diciamo intanto che la collana dove è apparso il volume di Weinbaum Volo su Titano è destinata al recupero dei pulp degli anni Trenta di tutti i generi (western, horror, cappa e spada, avventura eccetera) e al rilancio di quella narrativa a volte ingenua ma sicuramente fresca e appassionante che ha caratterizzato quel periodo e che poi raramente è stata riproposta. Venendo a Weinbaum, rileggendo per l'occasione i suoi racconti mi sono reso conto che è molto più moderno di quanto può sembrare: le sue spiegazioni scientifiche sono molto avanzate per il periodo in cui scriveva, sicuramente più avanzate di quanto la maggior parte degli scrittori di oggi opera nei confronti della scienza attuale. E, in misura minore, lo sono anche le sue descrizioni ambientali e sociali. E' un ottimo narratore, che sa bene calibrare lo svolgimento di un racconto, e in questo senso sarebbe bene che gli aspiranti scrittori lo tenessero presente; come pure la leggerezza dello stile anche nelle parti più drammatiche. Per finire, è anche un ottimista, e questo mi piace perché francamente sono un po' stufo di romanzi che descrivono ed anzi ampliano nel futuro i tratti negativi della nostra civiltà. Un po' più di fiducia nell'avvenire non guasterebbe.
Perché, a tuo giudizio, la visione pessimistica del futuro ha oggi una così larga eco nella fantascienza?
È indubbiamente l'effetto dei tempi in cui viviamo, e non mi riferisco all'attuale crisi economica ma al decadimento dei valori, alla massificazione della cultura, alla assenza di prospettive che si sta verificando da qualche decennio. La fantascienza non è pura immaginazione, ma riflette la realtà - anche se la sposta nel futuro o su un pianeta lontano o in un universo parallelo - e dunque il mondo reale costituisce un modello al quale non ci si può sottrarre. Io stesso, come scrittore (per quel poco di narrativa che scrivo) spesso non riesco a non estrapolare da quello che vedo intorno a me. Forse ha una funzione catartica? Vuole essere un monito a non proseguire su questa via? Può darsi, ma lo stesso - come dicevo prima - mi piacerebbe leggere ogni tanto anche qualcosa di positivo.
Tu conosci bene anche il fenomeno del fandom. Il mondo degli appassionati di fantascienza, in Italia come nel mondo, è cambiato molto dall’avvento di Internet. Si è passati dai newsgroup ai forum ai gruppi Facebook, e chissà cos’altro seguirà. Che differenza c’è tra il fandom analogico e quello digitale di oggi?
Non sono uno studioso del fandom, anzi ritengo in realtà di non averne mai fatto veramente parte. Non sono un collezionista e, nonostante abbia conosciuto e parlato con scrittori molto famosi (i primi che mi vengono in mente: Sheckley, Sturgeon, Brunner), non mi sono mai fatto autografare un libro. È vero che ho pubblicato una fanzine (“Astralia") ma era soltanto perché allora era il solo modo per potersi esprimere e/o farsi conoscere. Ed è vero che ho partecipato e partecipo tutt'ora a convention, ma anche in questo caso solo per conoscere persone, prendere contatti, rivedere vecchi amici. Ovviamente conosco bene il fenomeno e quindi un giudizio lo posso dare. Secondo me la differenza tra allora - diciamo gli anni Settanta - e adesso è analoga a quello che è successo nella vita in generale: non si va più a chiacchierare al bar ma si sta in casa a chattare, si va meno al cinema in compagnia ma si guardano film in streaming, eccetera. Quindi, nel nostro campo, non si fanno più le fanzine ciclostilate ma i blog... Quello che forse non è cambiato è l'approccio psicologico: una volta con una fanzine diffusa in un centinaio di copie si aveva l'illusione di incidere in qualche modo sul mondo dell'editoria professionale, oggi avviene lo stesso con un blog magari anche meno letto. La tecnologia migliora la vita, ma l'essenza dell'uomo rimane sempre la stessa.
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