Però, a fianco e in primo piano rispetto ad Amaryl si erge la figura di Hari Seldon. È l’alter-ego di Asimov, o meglio la sua ideale aspirazione. Mentre lotta senza convinzione con la malattia che – egli lo sa perfettamente – lo porterà alla morte un anno dopo (agli amici ripete che non supererà l’età del padre, morto appunto a 72 anni), Asimov immagina quella che avrebbe voluto essere la sua lenta e pacifica vecchiaia. Seldon è l’uomo venuto dal nulla, emigrato nella capitale dell’Impero galattico (com’è del resto New York) dalla periferia della galassia (Petrovich, anonimo paesino ucraino), diventato col tempo una sorta di leggenda in tutto l’universo conosciuto per la sua Psicostoria. Asimov sa di essere diventato a sua volta una leggenda vivente nella fantascienza, al punto da raccontare come certi giovani siano a volte sorpresi (“quasi indignati”, scrive con ironia) del fatto che egli sia ancora vivo. Il suo nome ha finito per identificarsi tout court con la fantascienza, come Seldon con la Psicostoria (che assume infatti il nome di “Progetto Seldon”, con inevitabile fastidio del suo fondatore). I personaggi che accompagnano Hari Seldon negli ultimi anni di vita sono esattamente quelli che accompagneranno Asimov nell’ultimo viaggio. In primo luogo Dors Venabili, la moglie-custode fedele e indomita, al punto da essere soprannominata la “Donna Tigre” per la sua feroce determinazione nel proteggere Seldon da qualsiasi minaccia. È ovviamente l’alter-ego di Janet Jeppson, l’insperabile seconda moglie di Asimov. Nei suoi tantissimi riferimenti alla moglie, Asimov non manca mai di sottolineare l’attenzione quasi maniaca che lei ha nei suoi confronti. Un’attenzione che, ovviamente, lo scrittore pur scherzandoci su apprezza moltissimo, così come fa Seldon, che pure a volte si spazientisce per l’eccessivo protezionismo di Dors. Gli aneddoti si sprecano: in un suo saggio (pubblicato in Guida alla fantascienza) Asimov racconta per esempio di come, ogni volta che lui e Janet si dividevano in un centro commerciale o in una libreria, per ritrovare la moglie non dovesse far altro che restare fermo per uno o due minuti, finché questa non ricompariva con aria ansiosa accertandosi che il marito non si fosse perso; oppure (l’aneddoto è in I, Asimov) il piacere che Janet ricavava dal sentirlo russare la notte, e l’ansia quando invece il russare s’interrompeva, il possibile segnale, per la moglie, di un arresto respiratorio.In Fondazione Anno Zero Dors muore in realtà assai prima di Seldon, ma per motivi del tutto contingenti all’economia della trama (e alla natura non umana di Dors). Diversamente, accanto al grande matematico fino agli ultimissimi anni resterà Wanda, l’adorata nipote. È noto l’attaccamento nutrito da Isaac Asimov per la figlia secondogenita Robyn, come forse meno noto (ma assai intuibile) fu invece il rapporto contrastato con il primogenito David. Asimov non nutrì mai molto affetto per il primo figlio, che riteneva inesorabilmente poco dotato, inetto a qualsiasi lavoro, come in effetti si rivelò successivamente: David viveva con gli assegni mensili del padre e ancora oggi si sostiene con le ricche royalties (fu arrestato e scontò una pena di sei mesi ai domiciliari nel 1998 per diffusione di materiali pedopornografici). A differenza di David, Robyn si rivelò da subito estroversa e capace, conseguendo poi un dottorato in psicologia; legata fortemente ad Asimov, nonostante dichiarasse spesso – ironicamente – di aver sempre avuto un padre molto impegnato (quando gli faceva visita a casa, più tardi, il padre spesso restava a scrivere per qualche ora prima di dedicarsi completamente a lei), Robyn è naturalmente Wanda Seldon. Nell’immagine dorata di una vecchiaia lunga e felice che sembra essergli preclusa dalla sua malattia, Asimov descrive in Fondazione Anno Zero la dedizione assoluta di Wanda alla cura dell’adorato nonno. Soprattutto, e a lei che Seldon affida l’eredità di una vita, ossia la continuazione del progetto Psicostoria che sembrava essere arrivato a un punto morto: è Wanda a costituire il primo nucleo della Seconda Fondazione, che custodirà il Piano Seldon nei secoli successivi. Probabilmente Asimov sperava in qualcosa del genere da Robyn. La figlia, in realtà, aveva più volte ribadito di non voler diventare come il padre, rifuggendo con terrore dall’idea quando Asimov, leggendo un suo componimento da ragazzina, l’aveva spronata a proseguire su quella strada. Sicuramente, Robyn non vedeva nel padre un modello da imitare, a differenza di Wanda, pur amandolo profondamente; questo, Asimov doveva saperlo bene. Eppure, al termine della sua vita, cerca di instaurare un rapporto nuovo con Robyn, frutto sicuramente di quella malattia che lo allontanerà sempre più dal lavoro, costringendolo a letto per intere giornate. E in effetti Robyn raccoglierà in qualche modo l’eredità del padre, curando la sua pesante eredità (in termini di diritti letterari e anche cinematografici) dopo la morte.
Fondazione anno zero: il testamento spirituale di Isaac Asimov
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Rubrica Fabbricanti di universi
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