Il 4 giugno 1989 Isaac Asimov inizia il suo ultimo romanzo: Forward the Foundation, che diventerà in italiano Fondazione Anno Zero. È in un momento critico della sua vita. Le sue condizioni di salute stanno rapidamente peggiorando e pochi mesi dopo sarà costretto al ricovero ospedaliero. Dopo una lunghissima pausa dai romanzi, nel 1981 la sua casa editrice, Doubleday, gli ha imposto di rimettere mano alla saga della Fondazione. Così, un po’ controvoglia, Asimov si darà da fare per scrivere L’Orlo della Fondazione, il primo dei suoi best-seller (fino ad allora nessuna sua pubblicazione era entrata nell’autorevole classifica del “New York Times” dei romanzi più venduti). Seguirà Fondazione e Terra nel 1986, e intanto altri due nuovi romanzi della saga dei robot, I robot dell’Alba e I robot e l’Impero. Dopo aver unito i due suoi grandi cicli della fantascienza, quello della Fondazione e quello sui robot, l’obiettivo è rendere più coesa la struttura del grande affresco che emerge dalle sue opere. L’incontro casuale con un giovanissimo lettore nell’ascensore del suo condominio a Manhattan convince Asimov a partire dagli antefatti: con Preludio alla Fondazione realizza dunque il suo primo prequel, raccontando delle origini avventurose della carriera di Hari Seldon e della sua fondamentale Psicostoria. Il romanzo viene pubblicato nel 1988 e ottiene un grande successo di pubblico, ma Asimov lascia volutamente aperta la storia per introdurvi un nuovo capitolo, dato che il Preludio terminava con Seldon poco più che trentenne. Quando Asimov si mette al lavoro su Fondazione Anno Zero, l’idea che gli ronza in testa è: come ha fatto il giovane matematico di Helicon, giunto nella capitale dell’Impero per presentare una bislacca teoria che stimola l’interesse del primo ministro Demerzel, a trasformarsi nel venerando vecchio che compare nelle prime pagine di Fondazione, lo psicostorico temuto e rispettato in tutta la galassia che comparirà a più riprese nella Volta del Tempo di Terminus nei secoli successivi?
Inizialmente, l’idea di rimettere mano a un romanzo non affascina particolarmente Asimov. Nonostante il rilancio della sua produzione narrativa negli ultimi anni, trova sempre più difficile scrivere romanzi: per contro, i suoi saggi – scientifici, storici, dei generi più vari – scorrono al consueto incredibile ritmo di produzione. Con i romanzi, inoltre, Asimov comincia a soffrire di problemi di umore: spesso, trovare il modo per incastrare tra loro le varie tessere della trama o proseguire una vicenda troppo ingarbugliata gli costa fatica, lo porta a rimuginare per diversi giorni; una condizione in cui, nelle sue vesti di prolifico saggista, non si è mai trovato. Per questo, Fondazione Anno Zero viene abbandonato per diverso tempo; a complicare la situazione è anche il peggioramento della salute. Per la prima volta nella sua vita, Asimov comincia a passare alcune giornate al letto, sospendendo quel regolare ritmo di lavoro che lo vede svegliarsi ogni giorno alle sei e lavorare alla macchina da scrivere (o al computer) per circa dieci ore. Quella che sembra una semplice stanchezza si rivela presto il sintomo di una malattia. La moglie Janet sospetta già da qualche tempo che i sintomi possano essere ricondotti a un’infezione di Hiv; ma il medico di Asimov, che nel 1983 lo aveva sottoposto a un riuscitissimo intervento di triplo bypass, si rifiuta di effettuare le analisi. Il ricovero ospedaliero fa emergere la tragica verità: Asimov ha contratto l’AIDS per una trasfusione di sangue infetto. Non gli restano che un paio di anni da vivere. È qui che emerge improvvisamente un’idea: fare di Fondazione Anno Zero una sorta di testamento spirituale. Come scriverà successivamente la moglie Janet, nel narrare la lenta vecchiaia di Hari Seldon e poi la sua morte Asimov «uccideva se stesso».
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