In Svezia è appena partita la seconda stagione. E si può ormai dire che la serie Akta Manniskor (Real Humans) è un successo enorme: i diritti sono stati venduti in cinquanta paesi. Da non confondersi con Almost Human di JJ Abrams, per quanto condivida il tema centrale degli androidi. I protagonisti sono infatti gli Hubot, robot tanto evoluti da essere ormai indistinguibili dagli esseri umani (da cui il nome, che già la dice lunga sui temi trattati nella serie: Human Robots).
In una Svezia di un presente alternativo, tali Hubot vengono utilizzati per mansioni domestiche o per lavori di ogni genere. Sono progettati per obbedire alle leggi di Asimov e vanno ricaricati tramite USB, come un banale cellulare. Ma ci sono le eccezioni. Alcuni Hubot sono stati infatti "liberati", nel senso che hanno ora una coscienza e possono compiere scelte in autonomia. Sono insomma dotati di libero arbitrio (e nel corso della serie si scoprirà perché). In cosa si distinguono allora dagli esseri umani?
È questa la domanda centrale da cui si dipanano i dieci episodi della prima serie. La presenza degli Hubots solleva dubbi e paure non certo filosofeggianti, ma anzi molto concrete: nasce il movimento "Real Humans", il quale osteggia la loro stessa esistenza, nel timore che gli svedesi finiscano per perdere lavoro e tante altre sicurezze.
La serie segue e intreccia le vicende di vari Hubot, anche se la vera protagonista è Mini/Anita (Lisette Plager), una Hubot "liberata", la quale vive in una normalissima famiglia svedese. Attraverso i suoi occhi e la sua sensibilità si assiste allo spettacolo di un mondo che sta cambiando radicalmente e in cui ci interroga sui temi dell'emarginazione sociale, delle libertà individuali, dell'identità (anche sessuale), del razzismo, del lavoro e tanto altro.
La problematicità della serie è stata da più parti esaltata come cifra distintiva di una sensibilità più "europea", nella misura in cui non si cerca di incastrare il tutto in un happy ending da grande produzione USA. Forse una generalizzazione eccessiva, dal momento che il panorama statunitense è tanto vasto da presentare produzioni per tutti i gusti.
Di certo Real Humans sta crescendo e, fino ad oggi, non esistevano sottotitoli in italiano. Situazione presto destinata a cambiare grazie alla community Subsfactory, che ha appena avviato i lavori avvalendosi dei servizi di un utente trapiantato in Svezia da vari anni. Ecco intanto il trailer.
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