Negli ultimi anni Alan D. Altieri ci ha deliziato con i volumi di tutti i suoi racconti, usciti per la TEA Edizioni. Quest'anno, invece l'autore di Città oscura ha spiazzato i suoi lettori pubblicando un romanzo. È se questo non vi basta allora sappiate che il romanzo è di fantascienza ed il titolo è Juggernaut. Non potevamo non intervistare il "Maestro" su questa sua ultima opera.
Sergio, ben ritrovato su Delos….
Come sempre, Fabio, grande grazie per avermi di nuovo con voi, e doppio grande grazie per lo spazio che continuate a dedicare al mio lavoro.
… e ben tornato al thriller fantascientifico. Perché il tuo ultimo inedito (Juggernaut) possiamo definirlo, no, anche un romanzo di science fiction?
Nessun dubbio. Possiamo certamente trafficare con le etichette -- thriller futuristico, romanzo di anticipazione, apologo distopico, whatever - ma, alla fine, l’intera serie Terminal War (TW), Juggernaut (JGN) come romanzo di apertura, rappresenta per me -da avido divoratore adoscenziale di Urania, Galaxy, Galassia e Cosmo - un vero e proprio “ritorno alle origini”: le quali origini sono proprio la SF.
Cosa ci racconti, in questo romanzo?
I cinque romanzi della serie TW sono una estensione - quasi senza soluzione di continuità - di Ultima Luce (UL). Dopo UL, non ritenevo di volermi spingere oltre nel futuro (narrativo) ma alla fine la tentazione è stata troppo forte. Rispetto al mondo di UL, però, molte cose sono cambiate. Il mondo di TW sta ancora cercando di trascinarsi fuori dai postumi di una catastrofe pandemica planetaria. Il “global warming” si è tramutato in una sorta di caos climatico continuo. Le “ecumenopoli” - agglomerati antropico/metropolitani da decine, a volte centinaia di milioni di abitanti - sono LA realtà urbana primaria. A tutti gli effetti, il mondo di TW corre sul filo del rasoio di sorta di “apocalisse permanente”. Spostando la prospettiva su tematiche sociali, la prima diversità sostanziale tra le due epoche, UL & TW, è la tumulazione della politica. Nel mondo di TW, stati, governi, apparati sovranazionali etc. hanno definitivamente cessato di esistere. Al loro posto, il potere assoluto è il pugno di ferro dell’unica titanica, meta-mega-corporazione sulla piazza. Non più Gottschalk-Yutani, ma solamente Gottschalk.
Per illustrare al lettore - hey, what the hell, anche al narratore - come sono avvenuti i mutamenti ho usato l’accorgimento di (finte) schede web. Un accorgimento, peraltro già apparso in alcuni racconti e romanzi brevi, che mi permette non solo di evitare pagine e pagine di prosa di puro “info-dump”, scarico di informazioni pregresse, ma di stabilire anche una sorta di valenza d’atmosfera narrativa. Un’atmosfera techno-gotica estrema.
L’altra diversità cruciale tra UL e TW è l’agonia del concetto stesso di guerra. In un mondo privo di stati, un mondo in cui ogni singola risorsa primaria è controllata da un unico super-monopolio, chi è rimasto a combattere contro chi? Non è quindi un caso che TW: JGN si apra proprio al cospetto del (simulacro del) Pentagono, simbolo per eccellenza della guerra. Per contro, la fine della guerra non significa affatto la fine delle stragi. Nelle ecumenopoli esistono corpi pesantemente armati ed esistono confini duramente invalicabili che... oops, sorry, classified.
Tu stesso sottolinei che “Juggernaut” è il primo episodio del tuo nuovo ciclo “Terminal War”… Nella rete, ho notato che i lettori hanno fame di anticipazioni su “TW02: Magellan” e “TW03: Golconda”. Anche noi.
La domanda che poni, Fabio, è ottima. Temo che la risposta sarà inevitabilmente riduttiva. Okay, ci provo comunque: nel mondo di TW c’è (stata) quella che viene definita Out-World Push (Spinta Out-World). Esatto: a un certo punto, abbiamo messo a punto la tecnologia FTLT, Faster Than Light Travel (viaggio a velocità superiore a quella della luce), l’equivalente del motore a curvatura di “Star Trek”. Per cui siamo davvero andati “là fuori”. Da qui la Spinta Out-World, di cui parlerò diffusamente in “TW02: Magellan”. Solo che “là fuori”, le cose non sono affatto andate come ci auguravamo e della Spinta Out-World rimangono ormai ceneri fredde. Oh, really? A causa di un evento del tutto inaspettato, siamo costretti a dubitare che siano davvero fredde quelle ceneri “là fuori”, e quindi a ricorrere al “Progetto Magellan”, secondo il quale... once again, oops: classified.Nemmeno riguardo a “TW03: Golconda”, posso rivelare molto. “Golconda” non è solamente uni dei capolavori dell’arte dell’immortale Magritte, è anche il nome dell’ultima fortezza di un impero dell’India svanito attorno al Secolo XIV.
Su questo grosso carico di metafore e non, per molti per personaggi di TW “Golconda” è al tempo stesso sogno perduto e incubo ricorrente. Non è quindi un caso che “Golconda” sia il romanzo centrale dell’intero progetto.
Juggernaut si può leggere in modo autoconclusivo, e così immagino sarà per i successivi volumi. Ma l’impressione è che il corpo narrativo di Terminal War sia quasi quello di un consistente unico romanzo, com’eravamo abituati in altri tempi.
È precisamente come illustri. Ogni libro della serie TW - serie concepita per cinque volumi - chiude la situazione narrativa primaria. Al tempo stesso, ogni libro lascia aperte abbastanza porte da continuare il flusso. “TW02: Magellan” parte del punto esatto in cui JGN si conclude, procedendo poi per la sua strada di narrazione da un lato chiusa su se stessa, dall’altro aperta alla fase successiva. In sostanza, la risposta è sì: “Terminal War” È un unico romanzo in cinque atti.
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