Quando uno scrittore già arrivato ai vertici della letteratura con opere mainstream comincia a scrivere fantascienza, in qualche modo risulta difficile farlo rientrare nel genere. Non solo per la critica mainstream ma per gli stessi appassionati del genere. Sussiste in un certo senso il sospetto che la fantascienza venga usata in qualche modo sbagliato, come una sorta di metafora, come se spesso questo non avvenisse anche con scrittori nati e cresciuti sulle pagine dei pulp.
Doris Lessing, morta ieri a 94 anni, era stata in effetti una scrittrice di fantascienza convinta. Anzi, è opinione comune che proprio l'essersi rivolta a questo genere le sia costato, negli anni Sessanta, l'esclusione da una possibile candidatura al premio Nobel. Che poi arrivò molti anni dopo, nel 2007. La Lessing commentò che probabilmente avevano finito per assegnarglielo temendo che se aspettavano ancora lei sarebbe morta rendendolo impossibile.
Convinta, dicevamo, al punto da considerare la sua opera più importante proprio la serie di fantascienza Canopus in Argo, pubblicata in Italia da Fanucci qualche anno fa e di recente riproposta sempre da Fanucci anche in ebook, come pure Memorie di una sopravvissura, romanzo postapocalittico da cui fu tratto anche un film con Julie Christie.
Nata in Iran, cresciuta in Zimbabwe e vissuta a Londra, la Lessing è stata una scrittrice forte, sempre impegnata, bandiera del femminismo, oppositrice di Bush, fece scalpore negli anni sessanta con Il taccuino d'oro, romanzo che raccontava la condizione femminile fino in dettagli che all'epoca erano considerati tanto scabrosi da ritardare di oltre un decennio la pubblicazione in vari paesi d'Europa, nonostante proprio questo libro l'avesse fatta notare per la prima volta alla commissione del Nobel.
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