“Terzo” è la parola con cui si apre Il gioco di Ender di Orson Scott Card. È il termine spregiativo che definisce il suo protagonista, Ender Wiggin, terzogenito su una Terra che per legge impone a ogni coppia di non procreare più di due figli. Normalmente, Ender sarebbe un reietto in una famiglia di traditori, perseguita dalla legge, come il padre, nato in una famiglia di nove figli, a causa delle opinioni religiose dei suoi genitori polacchi. Ma, ciò nonostante, Ender è speciale. È lo Stato che l’ha voluto fin da molto prima che nascesse e che ha autorizzato ciò che altrimenti sarebbe stato illegale. Ender è Terzo perché gli altri due non sono andati bene: Peter prima e Valentine poi, primogenito e secondogenita, non hanno risposto alle speranze del governo; Ender è “l’ultima speranza” per la Terra. Il fatto che sia un Terzo viene presto messo in secondo piano, all'interno del romanzo, così che il lettore finisce per dimenticare quel particolare che particolare non è. Perché è proprio questa caratteristica a fungere da chiave di lettura del capolavoro di Scott Card. Il protagonista non è uno, ma trino: è Ender, è Peter, è Valentine. Sono i tre fratelli Wiggin a scandire l’intera vicenda di un romanzo che ha fatto la storia della fantascienza nonostante la sua trama non originalissima, il suo stile spesso criticato (lo ha fatto, per esempio, Norman Spinrad), la sua filosofia non sempre condivisibile, che non hanno impedito a Il gioco di Ender di vincere sia il Premio Hugo che il Premio Nebula nel 1986, portando Orson Scott Card dritto nell’Olimpo degli scrittori di fantascienza.
Che Ender non sia il protagonista unico di questo romanzo appare chiaro se si fa caso al fatto che, a differenza di quanto accade nei romanzi incentrati su un solo personaggio, e soprattutto nei romanzi di formazione a cui Il gioco di Ender sembra ispirarsi, i punti di vista sono molteplici. Fin dalle prime righe, l’autore ci offre un punto di vista “esterno”, quello del colonnello Graff, responsabile della Scuola di Guerra, impegnato a parlare di Ender con i suoi superiori. E a metà del romanzo appare una seconda sotto-trama, quella che riguarda Peter e Valentine, che da comparse diventano improvvisamente comprimari. E a un certo punto Scott Card fa comparire anche un altro punto di vista, quello di Bean, il piccolo compagno di Ender alla Scuola, che non a caso assurgerà a protagonista del successivo L’ombra di Ender, romanzo della saga in cui l’autore racconta le stesse vicende narrate ne Il gioco di Ender dal punto di vista di Bean, e poi di un’intera saga collaterale.
Il moltiplicarsi dei punti di vista all’interno del romanzo diventa funzionale all’idea portante che l’autore vuol far emergere dalla storia, e cioè che Ender non è veramente un individuo indipendente da tutti coloro che lo circondano, una “monade” impermeabile al mondo esterno che cerca di contrastarlo o di influenzarlo. Ender è il frutto di una rete di relazioni, che partecipano alla formazione della sua personalità e del suo carattere, così fondamentale per il successo della guerra contro gli Scorpioni. E solo alla fine del romanzo diventa possibile capire perché questo punto è così importante. Perché la Flotta Internazionale ha bisogno di un uomo – poco importa che Ender sia un bambino nemmeno adolescente – che ragioni come gli Scorpioni, che non hanno individualità ma fanno parte di una sorta di mente collettiva alla stregua delle formiche, un super-organismo che sfrutta i punti di forza e annulla i punti deboli dei singoli individui.
Ender è la persona giusta perché inconsciamente comprende e accetta questa verità a partire dai suoi primi anni. È consapevole infatti che in lui c’è una parte della personalità omicida e dispotica di Peter, il suo fratello maggiore, e una parte della personalità generosa e sincera di Valentine, la sorella che l’ha sempre difeso dalle angherie di Peter. Ender sa che la sua formazione consiste nel saper equilibrare queste due anime: mentre alla Scuola di Guerra le subdole ma necessarie strategie del colonnello Graff tendono a far emergere il lato-Peter di Ender, egli cerca in tutti i modi di evitare che la crudeltà del fratello lo travolga affidandosi al ricordo di Valentine. A rendere esplicita questa battaglia che si combatte nella sua psiche è il Gioco della Mente, una simulazione fantastica sviluppata dai programmatori della Scuola di Guerra per analizzare lo sviluppo psicologico di Ender. Quando, nello specchio in cui Ender si riflette nel gioco, appare improvvisamente il volto di Peter, il colonnello Graff capisce tutto e ritorna sulla Terra al solo scopo di convincere la piccola Valentine a scrivere al fratello e a ricordagli che gli vuole bene. Solo così si potrà evitare l’inevitabile, ossia la decisione di Ender di non commettere ulteriori atti di violenza per non essere sopraffatto dal lato-Peter del suo carattere. Una decisione che la Flotta Internazionale non può permettersi, perché solo l’equilibrio tra le due parti permetterà a Ender di essere il condottiero perfetto nella Terza Invasione contro gli Scorpioni.
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