Era dalle prime ore del mattino che Garden si muoveva senza sosta tra le piante. La primavera, intorno, esplodeva. In quanto tecnico e responsabile del Centro Botanico Persefone il suo lavoro non era mai finito, ma in quella stagione si intensificava. Non era facile tenere costantemente sotto controllo un’area di circa dieci chilometri quadrati, e se lui riusciva era grazie ai sistemi automatizzati e di controllo. In quel momento il segnalatore censiva nell'area oltre 600 mila specie vegetali: il 9,07% in più rispetto a 12 mesi prima. La difficoltà maggiore era mantenere la purezza di ogni Dna evitando le contaminazioni in agguato. Comunque poteva dire che la flora del Centro fosse originale al 99,98 per cento, e il residuo 0,02 sotto stretto controllo. L’aria aveva odori insoliti ed era impossibile non accorgersene, anche chiudendo gli occhi per non vedere le nuove foglie verdi, le mille varietà di fiori, boccioli, farfalle, lo sciamare di insetti. Ormai era il tramonto e per oggi bastava.
Però...
Si diresse verso il bastione Sud. L’enorme cupola geodetica che sovrastava il tutto dava un’impressione di cielo scoperto. Si poteva aprire in due emisferi rientranti, come una specola astronomica, e osservare di notte le costellazioni nell’aria di cristallo. Le aveva imparate a memoria, in ventinove anni. Era diventato un vecchio smilzo ma dritto più d’una palma, la pelle color mattone, il viso rugoso e gli occhi dalle iridi sbiadite. Si assestò il cappellaccio di paglia e andò verso la zona delle convolvulacee. Con tanti fiori sgargianti, lì dentro - tra piante da giardino, alberi da frutto, ortaggi, esemplari tropicali, conifere, cupulifere e così via, una gran bella fetta di biodiversità - lui conservava una predilezione per quelle semplici campanule. Del vilucchio aveva esemplari bianchi, azzurri, e ora anche arancio grazie a un suo incrocio. Quando venivano visitatori, in particolare i giovani delle scuole, non mancava di farglieli vedere. Le evoluzioni rampicanti del vilucchio seguivano leggi matematiche semplici ma armoniose. Lui ne aveva elaborato le equazioni, e si era accorto che non interessavano a nessuno. Ma in realtà, pensò, era molto tempo che lì dentro non arrivava gente. Camminando intravide il luogo delle convolvulacee, accanto a uno degli ingressi secondari. Con sorpresa, si accorse che in quel momento qualcuno stava aprendo la porta blindata. Si arrestò, in attesa. Non sapeva di visite.
- Entriamo da qui - disse Pierpa’ - e andiamo via subito. Arriva il buio e dovremo ritrovare lo stesso percorso tra le piante. - Un grigio muro di cinta correva a destra e sinistra perdendosi nelle prime ombre dell’imbrunire. Pierpa’ fece aderire il pollice alla bio-serratura a impronta digitale, e un massiccio portale quasi invisibile cominciò ad aprirsi. Lo oltrepassarono.
Il centro appariva ben illuminato. Di fronte, immobile, un uomo li fissava. - Ciao, Gardy - esclamò Pierpa’. - Questo è il dottor Kibwa.
- Buongiorno, signori - disse Garden. - È un piacere vedervi. A volte mi sento solo.
Pierpa’ si mosse seguito da Kibwa, che osservava in giro con occhi ammirati. Disse: - È strepitoso, qui dentro!.
- Gardy è davvero in gamba - disse Pierpa’ voltando le spalle. - Ha saputo sviluppare il Centro Biologico Persefone in modo esemplare. Tra i vari centri mondiali, lei lo sa, questo è ai primissimi posti. Qui dentro è stata elaborata, ricostruita e conservata una biodiversità originale dal valore incalcolabile, mentre fuori la natura continua a impazzire -. Seguì un silenzio quasi imbarazzato.
- Cosa posso fare per voi? - chiese Garden.
- Vede? - disse Pierpa’ a Kibwa - sembra che sulla testa abbiamo una gran cupola, invece se lei alza una mano tocca, come dire, il cielo di metalloplastica con un dito! - Ridacchiò, nervoso.
- Mi lasci dare ancora uno sguardo - disse Kibwa, e prese a inoltrarsi per un viale.
- Grazie - disse Garden sollevando il cappellaccio e grattandosi la zucca. - Tutto catalogato, fino all’ultimo gene. Tutto perfettamente ricostruibile.
- Certo che se non viene più nessuno - disse Kibwa quasi volesse convincere se stesso - tutto questo non è che un enorme spreco di energia e di denaro.
- Già.
Trascorse un altro minuto. - Dottore, il suo interesse ci lusinga, ma la sua stessa presenza mi ricorda che noi due siamo qui per altri motivi. Ecco, allora io procedo -. Da una tasca del giubbotto estrasse una specie di telecomando, verificò che fosse attivo, poi lo puntò a caso e premette un pulsante. Scomparve di botto il sito delle convolvulacee. - Signore! - urlò Garden - ma cosa fa....
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