House of Cards ha segnato un passaggio importante per Netflix: insieme all'ambizioso progetto di riportare in vita la sit-com di culto Arrested Development e di lanciare contenuti originali, è stato il segnale non di un cambiamento, ma di una realtà che le emittenti televisive si ostinano a ignorare, cioè che il pubblico vuole vedere film e telefilm nel modo e nei tempi che preferisce.
Il grande attore Kevin Spacey aveva dimostrato che era possibile creare una serie tv di alta qualità e con modalità completamente diverse dal solito, quando si era unito a David Fincher per girare House of Cards, serie cinica sui maneggi della politica in quel di Washington, che vedeva anche la straordinaria Robin Wright come protagonista.
La vera novità di Netflix però è il modo in cui il format è proposto: tutti i 12-13 episodi sono immediatamente disponibili, a un prezzo bassissimo, e sulla base del riscontro di pubblico si decide se produrre una nuova stagione. Niente più Nielsen, niente spazi pubblicitari, niente target 18-49 anni: se la serie viene vista da un numero abbastanza alto di persone si rinnova, altrimenti rimarrà disponibile sul sito per essere vista in qualsiasi momento.
È successo con House of Cards, con Arrested Development (lungamente inseguita dai boss di Netflix per riportarla in vita con tutto il cast originale) e con la rivelazione Orange is the New Black, tutte e tre rinnovate e le cui riprese sono già in corso.
Ecco quindi l'attore/produttore comparire al festival internazionale dei telefilm di Edimburgo e tenere una breve conferenza in cui ha criticato il sistema imperante nelle tv in chiaro americane e lodando il formato di Netflix: "Siamo andati da tutti i network principali con House of Cards ed ognuno di loro era interessato, ma tutti volevano un pilot prima. Non era per arroganza che io, David Fincher e Beau Willimon non eravamo interessati a fare un audizione per il nostro progetto, ma il fatto che volevamo cominciare a raccontare una storia che richiedeva molto tempo. Stavamo creando una trama sofisticata e ricca di sfaccettature, con personaggi complessi che si sarebbero rivelati nel tempo e relazioni che richiedevano spazio per essere esplorate. E l'obbligo di creare un pilot, dal punto di vista della scrittura, è che hai 45 minuti per definire i personaggi e creare un cliffhanger arbitrario, fondamentalmente per provare (ai network) che quello che stai preparando può funzionare".
Ma il mondo della narrazione a puntate è cambiato: "Chiaramente, il modello di Netflix, ovvero mettere online l'intera stagione di House of Cards, ha dimostrato una cosa: il pubblico vuole avere il controllo. Vogliono essere liberi, se vogliono farsi una maratona di telefilm, come è successo con House of cards ed altri telefilm, dovrebbero essere liberi di farlo".
E c'è un altro motivo importante: "Attraverso questa nuova forma di distribuzione, abbiamo dimostrato di avere imparato una lezione che l'industria musicale non vuole imparare: dai alla gente quello che vuole, quando vuole, nel formato che preferiscono e a un prezzo ragionevole e saranno ben felici di pagare per averlo invece di rubarlo".
Per Spacey, questo è l'inizio di un cambiamento: "Io predico che nei prossimi 10 o 20 anni ogni differenza tra queste piattaforme scomparirà. Vedere un serie di 13 ore tutta di fila è diversa dal vedere un film? Definiamo film qualcosa che dura due ore o meno? Sicuramente è molto più complesso di così. Se guardi un film in tv, non è più un film perché non lo guardi al cinema? Se guardi un telefilm sul tuo iPad, non è più un telefilm? Il supporto e la lunghezza non sono più rilevanti, le etichette sono inutili. Eccetto forse per gli agenti, i manager e gli avvocati che usano queste etichette per condurre gli affari. Ma per le nuove generazioni non c'è differenza."
E aggiunge: "Vedere Avatar sul tuo iPad, o guardare Youtube sulla tua tv o Game of Thrones sul computer, è tutto contenuto, storia. E il pubblico ha parlato. Vogliono storie, muoiono dalla voglia di averle, fanno il tifo per noi perché gli si dia il giusto contenuto. E loro ne parleranno, faranno maratone, se lo porteranno con sé sull'autobus e dal parrucchiere, lo faranno vedere ai loro amici, ne parleranno su Twitter, su Facebook, sui blog, creeranno fanpage, faranno buffi gif e chissà cos'altro. Ci si coinvolgeranno in un modo che i blockbuster cinematografici possono solo sognare. E noi dobbiamo dare loro tutto questo".
Infine avverte i network tradizionali di imparare la lezione per non rischiare di perdere un'opportunità unica: "Il premio è lì, brillante e succulento come non lo è mai stato, per cui sarà una vergogna per ognuno di voi se non lo raggiungerete e farete vostro". Ed ha concluso citando Orson Welles: "Io odio la televisione, la odio quanto odio le noccioline. Ma non riesco a smettere di mangiarle".
Qui sotto trovate il video del suo intervento. Siete d'accordo, è Netflix il futuro delle serie tv?
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