Nemmeno Superman, pardon l’Uomo d’Acciaio, è rimasto indifferente al fascino di una tale idea. È proprio un oggetto misterioso, una sorta di aspiratore cosmico che fora il nostro universo risucchiando tutto quello che si trova nelle vicinanze. Un bel modo di uccidere i cattivi.
Nel film targato Snyder-Goyer-Nolan l’idea di servirsi di un simile strumento viene suggerita dall’ologramma di Jor-El, il padre kryptoniano di Superman. Dopo essersi infiltrato come un virus informatico nel sistema della nave usata dal Generale Zod, acerrimo nemico della famiglia El, il padre svela alla giornalista Lois Lane come distruggere l’astronave e sventare il piano di trasformare la Terra in Krypton.
L’idea in teoria è semplice: il congegno terraformante di Zod è spinto da un motore che sfrutta l’energia fantasma e, dal momento che la nave su cui è arrivato Superman funziona con lo stesso principio, è possibile far scontrare i due veicoli per creare una singolarità. Una “singolarità” equivarrebbe a una singolarità gravitazionale, ovvero un punto in cui la gravità tende all’infinito. Per gli amici, un buco nero.
Ci penserà questa meraviglia della Natura poi a risucchiare i nemici dell’umanità sopra Metropolis mettendoli definitivamente KO.
Lasciamo perdere il motivo per cui dell’energia fantasma si dovrebbe generare un buco nero. D’altronde non credo che nessuno abbia mai visto tale forma di energia e sia in grado di smentire. Vediamo cosa accadrebbe nel mondo reale.
Un buco nero è lo stadio terminale delle stelle più massicce. Una volta finito il carburante che permette alla stella di sostenere le reazioni nucleari, essa comincia a contrarsi. Se è sufficientemente massiccia, le reazioni nucleari rimanenti non riescono a bilanciare il peso dei suoi stessi strati e la stella diventa un corpo con una densità e una gravità talmente grande da impedire persino alla luce di andarsene. Questo corpo è chiamato “buco nero”.
Apparentemente nessun foro, quindi.
Va bene, ammettiamo pure che il piano di risucchiare Zod e i suoi seguaci preveda che questi collassino su una stella supermassiccia, anziché passare attraverso un foro. Nel film però si vede che questa arma definitiva è grande qualche metro. Buchi neri così piccoli non sono mai stati avvistati. Il record del più piccolo è detenuto da XTE J1650-500, nella costellazione dell’Altare (emisfero australe): un “bambino” grande quasi 6 volte il Sole. Tuttavia non si tratta di un limite fisico e, anche se lo scarto con quello di Zod è ampio, facciamo finta che queste dimensioni siano possibili.
In ogni caso l’esercito decide di credere alla storia raccontata tramite Lois Lane. Prende il mezzo su cui è arrivato il piccolo Clark Kent e con un gesto eroico lo fa schiantare contro il congegno nemico. Tutto l’equipaggio nemico (tranne Zod e Lois, ovviamente) viene risucchiato in una sfera bluastra mentre l’intera astronave si accartoccia su se stessa tra scosse e luci degne di uno spettacolo pirotecnico. Bello, ma nessuno si è mai chiesto perché il buco nero, si chiama “nero”? I buchi neri, come ho detto prima, hanno un’attrazione gravitazionale così forte che non lasciano sfuggire nemmeno la luce. E senza luce, appaiono bui. L’unica eccezione è data dalla materia in procinto di essere risucchiata che girando vorticosamente emette raggi X.
Insomma, nella realtà avremmo visto il congegno (e tutto il suo equipaggio) vorticare a velocità relativistiche, emettendo raggi X attorno ad buco nero sostanzialmente scuro.
Ovviamente oltre a questi ci sarebbero altri effetti difficilmente immaginabili. Ad esempio come si comporterebbe l’aria attorno a un evento simile? Come risponderebbe l’atmosfera ad un calo di pressione dovuto all’aspirazione di un buco nero? Ma soprattutto, perché diamine Lois Lane si salva precipitando, mentre tutto vola verso l’alto? Purtroppo, queste sono domande a cui neanche la scienza più avanzata è in grado di rispondere.
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