World War Z forse non sarà all'altezza di chi ha letto (ed eletto a capolavoro della letteratura zombie) il romanzo di Max Brooks (qui presente in veste di co-sceneggiatore) dal quale prende le mosse ma anche le distanze: ma, diciamolo subito, è un film sorprendentemente non malvagio.
La scelta di non adattare pedissequamente la sceneggiatura alla struttura del romanzo (che, per i pochi che non lo sapessero, deve la sua fama alla verosimiglianza costruita attraverso una serie di interviste e testimonianze ad apocalisse zombie avvenuta) ma piuttosto di raccontare una storia attraverso un solo protagonista si rivela, a polvere posata, una scelta vincente, dove la tensione drammatica ha maggior respiro rispetto al media cartaceo e dove i temi essenziali del romanzo sono mantenuti e anzi arricchiti da una proporzione mondiale – il legame tra zombie, politica e istituzioni – che apporta un valore aggiunto, insolito e moderno alle narrazioni di questo tipo.
Da una storia produttiva travagliata (il film era pronto già un paio d'anni fa, ma è stato riscritto, rigirato e rimontato in alcune sue parti solo molto più tardi) ne esce una pellicola magniloquente sotto il punto di vista visivo, diretta in maniera asciutta, distaccata ma crudele, ottimamente scritta per quello che riguarda i dialoghi, l'approfondimento dei personaggi (o, se preferite, del personaggio principale e delle sue interazioni coi vari comprimari, nessuna delle quali andata sciupata), piacevolmente prevedibile nello sviluppo dell'azione (e per guadagnarsi quel "piacevolmente" accanto ad un aggettivo come "prevedibile" ci vuole del mestiere) e, anche se solo a tratti, angosciante nel suo mostrare il dilagare della pandemia zombie da un punto di vista spesso sopraelevato, totale, ineluttabile… privilegiandolo a una fin troppo riproposta visione ravvicinata dell'essere zombie, guadagnandone, a mio avviso, in drammaticità e pathos.
Per alcuni, tuttavia, questo potrebbe essere il problema principale del film: per quanto esteticamente riuscitissimi, gli zombie messi in scena da Forster (un misto di stuntmen con protesi, ballerini con make-up e CGI) non riescono a rappresentare una minaccia più inquietante di una qualsiasi pandemia globale, rendendo la storia meno interessante di quanto sarebbe potuta essere. Ma non tutto il male viene per nuocere.
Perché il fatto che in tutto il film non si veda una sola goccia di sangue e le sequenze dove gli zombie sono filmati da vicino si contano sulle dita di una mano, di fatto annovera World War Z tra quei film che emozionano senza mostrare troppo, inorridiscono senza ricorrere allo splatter, inquietano senza lasciarsi andare a spiegoni… va detto, riuscendoci più per le interpretazioni di alto livello (straordinario David Morse, cruciale Ludi Boekeno, adeguato Favino) che per l'originalità della chiave narrativa impiegata (e, ad ogni modo, il potente commento sonoro e un montaggio magnifico sostengono a dovere tutto l'impianto).
Il film perde qualche punto solo nell'ultima mezz'ora, di stampo vagamente televisivo, dove il ritmo rallenta vistosamente e lo script inciampa in un paio di cliché e in un pelo di retorica… ma vi basterà ripensare alla sequenza sull'aereo per pareggiare i conti e sentirvi appagati da qualsiasi altra manchevolezza possiate aver colto qua e là.
Gli appassionati di Romero e Brooks però è meglio che ci vadano preparati... perché World War Z non ha praticamente nulla delle atmosfere delle storie alle quali sono abituati.
Per capirci: qui gli zombie sono del tipo che corrono (interpretazione che io preferisco di gran lunga a quella dello zombie sonnolento e strascicato, ma immagino che per molti questa sia una licenza inaccettabile), all'occorrenza si muovono e si comportano come uno sciame e, proprio come accade con i topi, riescono ad apparire impressionanti solo quando li vediamo comparire in gran numero sullo schermo, massa brulicante guidata da una furia ottusa e da una determinazione cieca alla quale millemila metafore sulla condizione umana sono state appiccicate negli anni.
Insomma, funziona quasi tutto alla grande... e ho già voglia di rivederlo.
Consigliato a chiunque voglia crederci ancora.
Gli integralisti romeriani ne stiano alla larga.
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