In e-Doll, il tuo precedente romanzo, e in Livido è presente il tema dell’identità umana, esemplificato in personaggi che sono degli esseri artificiali. Mi sembra che la domanda che ti poni è cosa è umano e cosa non lo è. E così?
Sì, in un'epoca in cui le identità si vanno moltiplicando e complicando (mediante utenze diverse, avatar multipli, widget e interfacce varie) sembra ormai che il test di Voigt-Kampff, immaginato da Philip K. Dick in Gli androidi sognano pecore elettriche?, non debba applicarsi solamente all'individuazione della natura artificiale degli esseri supposti umani, ma anche e sopratutto alla natura umana delle entità supposte artificiali. È questa linea sottile, tracciata a volte in maniera troppo netta, che mi piace indagare. Spesso ho come la sensazione che dovremmo smettere di parlare di "esseri umani" e cominciare a utilizzare termini come "esseri senzienti" o "esseri animati"; animati nel senso di dinamici e in grado di interagire con l'ambiente circostante, seppure tale definizione porti con sé anche un significato molto più profondo.
Credi che in un prossimo futuro l’umanità dovrà confrontarsi davvero con esseri artificiali in tutto e per tutto simili a noi? Avranno diritto, a tuo avviso, ai diritti (scusa il gioco di parole) di cui oggi gode un essere umano?
Penso di sì, riprendendo la definizione di prima e ricorrendo al termine "esseri senzienti" è possibile ampliare lo spettro delle specie a cui estendere la protezione dei diritti "umani". Così come un tempo è avvenuto per le persone di colore, gli animali e le piante, credo che in un futuro molto prossimo avverrà lo stesso con le intelligenze artificiali, le specie geneticamente potenziate e i cloni. Qualsiasi forma di sfruttamento deriva dal mancato riconoscimento di certe qualità ritenute intrinseche e congenite con la natura umana ma quando è la stessa natura umana a ibridarsi ed evolvere, ecco che anche le categorie di riferimento andrebbero riviste e aggiornate.
Sia in e-Doll sia in Livido, prospetti uno scenario in cui molte delle discipline scientifiche odierne, come la robotica o la genetica, siano sempre più intrecciate fra loro. Cosa ti affascina di queste scienze? E che peso ha la scienza nella tua narrativa?
Ciò che mi affascina delle discipline scientifiche è che, a differenza di quelle umanistiche non attengono tanto alla descrizione di un fatto (un evento storico, un luogo geografico, un dato politico, un'idea filosofica), quanto alla possibilità di realizzare qualcosa di concreto come curare una malattia, andare dove non era possibile, comprendere cose che sono sempre state lì, come gli atomi o le stelle, ma che ci sfuggivano per mancanza di "strumenti" di analisi. Ancora meglio succede quando queste discipline, umanistiche o scientifiche che siano, concorrono entrambe all'approfondimento di un fenomeno, restituendo quella sensazione di interdisciplinarietà che sta alla base della comprensione più profonda: quella prettamente verticale, attinente alla disciplina stessa, e quella orizzontale, che la mette in relazione con le altre. Nei miei romanzi cerco di rendere questa impostazione, laddove varie scienze interagiscono sullo stesso fenomeno: in Livido ad esempio si parla di rifiuto materiale, rifiuto affettivo, rifiuto familiare, rifiuto sociale.
Un altro tema forte del romanzo è la critica alla società dei consumi, alla civiltà che produce in modo sovrabbondante delle tecnologie che molto spesso diventano desuete in poco tempo. Tu immagini che il protagonista viva in stretto contatto con enormi discariche e che il suo “lavoro” sia proprio quello di recuperare dalla “palta”, ossia dall'immondizia, cose che possano essere riutilizzate. Credi che sia concreto il rischio di avvicinarci all'inquietante scenario che hai descritto nel tuo romanzo?
La discarica rappresenta già oggi un punto di aggregazione sociale. Attorno alla discarica non compaiono solo gli addetti allo smaltimento dei rifiuti, ma vari personaggi (dagli zingari, ai nuovi poveri, dai rigattieri ai gestori dei mercatini dell'usato). Questo perché nelle grandi metropoli la gestione dei rifiuti urbani non funziona più (così come sta fallendo il sistema di obsolescenza programmata a monte del processo industriale), e non parlo di paesi poveri o in via di sviluppo come il Vietnam, il Bangladesh o il Sud Africa, ma anche di potenze conclamate come la Cina, gli Stati Uniti, il Brasile e l'India. In Italia poi, stiamo assistendo al proliferare di mercatini dell'usato, al ritorno di vecchie e nuove forme di baratto, perché il valore di un oggetto non sta più nel suo prezzo, bensì nel valore di scambio che potrebbe ancora avere.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID