Spencer annuì. — Deve essere antichissimo. Lord Hamilton, sino a quel momento seduto in un angolo intento a a tormentarsi le unghie con una limetta d’oro, si alzò di scatto e venne verso di noi. Aveva sentito tutto. Apparteneva a una casta di persone infide e pericolose, ricordai a me stesso, non si doveva mai abbassare la guardia.
Chiese indispettito: — Volete per favore essere più chiari? Di cosa stiamo parlando?
Mi voltai con studiata lentezza e lo fissai disgustato. — Una fotocopiatrice. Un duplicatore alieno. Uno scanner galattico. Lo chiami come vuole. La Caterina deve essere entrata nel suo raggio di azione, e la macchina si è attivata. Probabilmente era in stand-by da migliaia di anni. Si è accesa, ha catturato l’incrociatore e ha iniziato a farne copie.
— Copie?
— Deve avere un sistema di prelievo di pulviscolo interstellare, da convertire in seguito a materia prima, con la quale forma gli oggetti riprodotti. Tecnologia militare, probabilmente. Forse è quel che resta di una flotta stellare di invasione.
Hamilton sgranò gli occhi. I nobili imperiali erano maestri di cupidigia. — Una scoperta di valore inestimabile — esclamò.
— Non riproducibile, temo. — Ribattei triste — Oltre che pericolosa. Dovremo tenerci lontani, per non esserne attratti. Inoltre — conclusi deciso, — la nostra missione è un’altra. Recuperare l’equipaggio.
Mi godetti l’espressione delusa dipinta sul suo volto.
Spencer consultò gli schermi sospesi davanti alla sua postazione — Rilevo segnali vitali compatibili con biologia umana, tutte concentrati in una porzione della macchina.
— Differenzia la materia! — esclamai ammirato. — Deve aver trasferito la massa vivente prima di avviare il processo di copia della materia inanimata. È ancora più complessa di quanto immaginassi. Gli analisti imperiali saranno occupati per anni. Jim, possiamo agganciare le fonti vitali da questa distanza?
Una cascata di numeri rossi riempì l’aria, simile a uno sciame di farfalle impazzite. — Si, siamo al limite, ma possiamo farcela. Abbiamo già le coordinate.
— Ottimo. — sentenziai — sgomberiamo la stiva del ponte di Prua. Non appena pronti iniziamo il tele-trasporto. Non ci avviciniamo oltre alla macchina. Non voglio trovarmi nel suo raggio di azione.
La Sandon beccheggiò, puntando la prua verso l’obiettivo. Dopo pochi minuti i raggi di trasporto, saette blu nel buio interstellare, si sprigionarono dallo scafo correndo verso lo scanner alieno. Simili a tentacoli di una gigantesca piovra si agganciarono alla struttura iniziando a scomporre e succhiare gli atomi di materia vivente, riversandoli all’interno della nave madre.
Trattenni il fiato in attesa di una reazione ostile. Un campo repulsivo, una ritorsione con armi sconosciute. Qualsiasi cosa.
Non accadde nulla. La macchina non era programmata per reagire al furto di materia organica.
Una luce gialla attraversò la sala di comando come un lampo. Il trasferimento era completato.
Emisi un lungo sospiro e controllai lo schermo. Fu come una pugnalata nel fegato. Il sorriso mi morì sul viso. Ricontrollai ancora.
Poi, per la prima volta dall’inizio della missione, sentii un brivido di paura. Allargai una finestra e la feci fluttuare verso Spencer. La prese al volo. La sua reazione fu identica. Lord Hamilton, saltellando da un piede all’altro, ci fissò entrambi con fare spazientito.
Alla fine perse la calma e gracchiò. — Volete aggiornarmi? Abbiamo recuperato si o no l’equipaggio? Abbiamo prelevato l’augusta sorella del Nostro Imperatore?
Non lo degnai di ulteriore attenzione. Corsi verso l’ascensore, seguito da Spencer. Cinque piani ad alta velocità, con lo stomaco in gola, cercando di ragionare, poi un transito veloce sul cuscino magnetico e alla fine, con un sospiro di ansia, la porta della stiva.
La spalancai.
Erano tutti lì. Un mormorio di fondo, misto di apprensione, dolore e sollievo, riempiva la grande stanza, unito a un tanfo di sudore, sporcizia e escrementi. L’equipaggio della Caterina Terza era composto da quindici persone, più l’ospite regale.
Nella stanza si assiepavano almeno trecento persone. Venti volte più dell’originale. Quasi tutti i volti si assomigliavano.
Ma la cosa terribile, quella più dura da digerire, erano le venti copie perfette di Gatienna, ognuna indispettita, inviperita e con uno sguardo fiammeggiante di odio e vendetta.
L’Imperatore non sarebbe stato molto contento di questa missione di salvataggio.
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