Capitolo secondo
L’Ufficio Affari Clandestini di Sua Maestà
L’aria del tardo pomeriggio era gelida e malsana; una nebbia leggera ma appiccicosa ammantava le strade della capitale e Blackwood rialzò il bavero per proteggersi mentre lui e Meddings scendevano i gradini del suo caseggiato a Chelsea. A bordo strada li attendeva una carrozza a due ruote, il cui conducente stava ingobbito in un voluminoso pastrano scuro e teneva la frusta immobile davanti a sé: sembrava un pescatore seduto sull’argine di un fiume cupo e silenzioso. Lungo l’altro lato della strada si stendeva una delle nuove corsie riservate agli omnibus, una bassa trincea di calcestruzzo grigio larga tre piedi e profonda uno, che correva parallela al marciapiede. Mentre Blackwood raggiungeva la strada, l’aria iniziò a fremere per una sorda vibrazione, un whump intermittente che spaventò gli uccelli sugli alberi vicini e li fece volare via nella luce acquosa e sempre più fioca del cielo nebbioso. Blackwood alzò lo sguardo e vide la vaga sagoma di un omnibus urbano farsi strada attraverso il centro di Londra verso destinazioni sconosciute. L’omnibus era un grande vagone a forma di losanga, sospeso su tre zampe pluriarticolate simili a quelle di un insetto, che lo tenevano sollevato a notevole altezza dal terreno. Numerosi finestrini illuminati dall’interno punteggiavano le fiancate color canna di fucile, proiettando una luminescenza spettrale nella nebbia circostante. Blackwood rabbrividì leggermente mentre guardava l’oggetto procedere sopra le strade. Anche se i tripodi erano stati accolti da qualcuno come un segno evidente dei salutari rapporti economici tra la Terra e Marte e iniziavano già a soppiantare i treni e le chiatte fluviali come mezzo preferito per il trasporto su lunga distanza di merci e passeggeri, Blackwood non riusciva proprio ad abituarvisi. C’era qualcosa di inquietante e misterioso nella loro andatura misurata mentre incedevano con decisione nelle campagne tra paesi e città, nei tonfi incessanti dei piedi gommati su campi e brughiere e sulle corsie di calcestruzzo predisposte a loro beneficio in tutta Londra e negli altri grandi centri abitati. I componenti delle macchine erano costruiti su Marte e arrivavano via cilindro interplanetario sulla Terra, dove ingegneri e operai addestrati dai marziani li assemblavano in una grande fabbrica a Wapping.
Il progresso, pensò Blackwood mentre saliva sulla carrozza. Immagino si debba accettare l’inevitabile.
Meddings salì dietro di lui e diede le indicazioni al conducente, che si riscosse dalla sua posa malinconica e assestò una scudisciata sul fianco del cavallo.
Blackwood aprì la busta che il messaggero gli aveva portato e lesse il contenuto.
A Thomas Blackwood, investigatore speciale dell’Ufficio Affari Clandestini di Sua Maestà:
Presentatevi urgentemente al Quartier Generale dell’Ufficio per ricevere istruzioni concernenti la morte di Lunan R’ondd, Ambasciatore di Marte presso la Corte di San Giacomo.
Questo caso è da considerarsi Priorità Assoluta e ha diritto di precedenza su tutti gli altri casi a cui state lavorando.
Il Nonno.
Sorrise mentre piegava il foglio e lo riponeva nella busta. Breve e diretta: una tipica comunicazione del Nonno. Blackwood aveva letto della tragedia sul Times quella mattina e si era chiesto chi fosse la fonte di Whitehall che aveva suggerito che la causa della morte poteva non essere naturale. Suppose che lo avrebbe scoperto molto presto.
Era una strategia rischiosa, rimuginò mentre guardava scorrergli accanto le strade rese desolate dalla bruma. Da un lato quei discorsi potevano infastidire i marziani, che li avrebbero ritenuti volgari e allarmisti se fosse risultato che la morte dell’ambasciatore era effettivamente dovuta a cause naturali; se d’altro canto fosse stato assassinato non avrebbe guastato constatare che il governo di Sua Maestà aveva giocato d’anticipo nella sua propensione a riconoscere la possibilità di un’alternativa tanto spiacevole.
La mente di Blackwood si ritrovò a divagare dalla fune sospesa su cui camminava la diplomazia alle motivazioni che avrebbero potuto spingere un assassino a uccidere R’ondd. Perché era l’Ambasciatore… o perché era un marziano? Le alternative erano entrambe sgradevoli: ognuna presentava i suoi problemi e suggeriva una diversa linea di indagine, ma era la seconda a mettere Blackwood molto più a disagio.
La grande maggioranza della gente viveva la propria vita senza mai vedere in carne e ossa un abitante del Pianeta Rosso: la differenza tra le condizioni atmosferiche dei due mondi rendeva impossibile ai marziani muoversi sulla Terra senza dotarsi di complessi e ingombranti apparati di respirazione (e naturalmente valeva lo stesso per gli umani su Marte). Di conseguenza, gran parte della popolazione terrestre ricavava le informazioni su Marte e sui marziani dagli articoli di giornali e riviste popolari, e disgraziatamente anche dalle pagine sensazionalistiche dei penny dreadful. In quelle spregevoli pubblicazioni, malfattori sovrannaturali come Jack il Saltatore e Varney il Vampiro facevano a gara con Maléficus il Marziano nel catturare l’attenzione del pubblico; nell’opinione di Blackwood le nefande imprese di Maléficus rasentavano pericolosamente la propaganda antimarziana.
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