Dal Times,
23 ottobre 1899
MORTO L’AMBASCIATORE DI MARTE
Stroncato da uno strano malessere, dicono i testimoni
Sua Eccellenza Lunan R’ondd, ambasciatore di Marte presso la Corte di San Giacomo, è morto la notte scorsa durante un banchetto in suo onore a Buckingham Palace.
I testimoni oculari hanno riferito che l’ambasciatore appariva in buona salute quando è arrivato in compagnia del suo seguito. Il banchetto aveva lo scopo di festeggiare il nuovo accordo commerciale siglato tra la Terra e Marte, nella cui firma l’ambasciatore R’ondd ha avuto un ruolo cruciale; tuttavia il tono allegro della serata è presto mutato in orrore e costernazione quando l’ambasciatore è crollato a terra dopo avere accusato nausea e disturbi gastrici.
Nonostante il pronto intervento dei medici non è stato possibile fare nulla per aiutare l’ambasciatore, che ha esalato l’ultimo respiro pochi istanti dopo. La causa della morte rimane ignota, sebbene una fonte non precisata di Whitehall abbia dichiarato che in questa fase delle indagini non è da escludersi un atto criminoso.
Lunan R’onnd aveva ottantanove anni terrestri e lascia tre mogli e cinquantadue figli.
Capitolo primo
Le frustrazioni della tecnologia moderna
Thomas Blackwood aveva problemi con il suo cogitatore.
Aveva acquistato l’apparecchio solo poche ore prima e l’addetto alle vendite della Cottingley’s Cogitators Limited gli aveva garantito che si trattava della migliore macchina sul mercato e che non avrebbe avuto alcun rimpianto nell’acquistarla. Sfortunatamente i rimpianti di Blackwood erano iniziati quasi subito dopo avere piazzato l’infernale marchingegno sulla scrivania del suo studio.
La macchina aveva di certo un aspetto piuttosto soddisfacente. La buona fattura era piuttosto evidente nei pannelli di tek lucidato del cogitatore vero e proprio, per non parlare della tastiera in mogano intarsiata di complicate decorazioni in avorio. I tasti erano di madreperla, mentre lo schermo cristallomantico ovale appariva davvero impressionante sul suo supporto di acciaio filigranato.
All’inizio Blackwood aveva provato un’estrema soddisfazione per l’acquisto, almeno fino a quando non aveva premuto il grosso pulsante di ottone sul fianco per accendere l’apparecchio ed era stato ricompensato da… assolutamente nulla. Il cogitatore era rimasto lì, del tutto inerte, utile all’incirca quanto un barilotto di birra vuoto.
Blackwood guardò nello schermo cristallomantico, che rimaneva ostinatamente scuro, e borbottò qualcosa sottovoce. – Al diavolo.
Blackwood era il primo ad ammettere che la tecnologia non era il suo forte: come gran parte della gente sapeva farne uso (il più delle volte), ma non gli importava un fico secco di come funzionava davvero, preferendo lasciare la questione a chi la progettava e la produceva. Con i cogitatori era lo stesso: per quanto fossero utili, non gli piacevano, non si fidava di loro, non li capiva e quando si guastavano (come capitava anche troppo spesso) non aveva la minima idea di dove mettere le mani.
Secondo Blackwood, un cogitatore non poteva affatto sostituire un cervello umano sagace e bene organizzato.
Esalando un sospiro di frustrazione, riempì la pipa del suo tabacco preferito, aromatizzato alla ciliegia, prendendolo dal grosso vaso sulla scrivania, avvicinò una sedia, si accomodò e rivolse uno sguardo di accusa al marchingegno che stava di fronte a lui nella sua beata inattività.
– Perché non vuoi funzionare, dannato aggeggio infernale?
Il suo sguardo vagò sulla tastiera e cadde su un tasto in particolare, che recava la dicitura AIUTO. Appoggiata la pipa da parte, Blackwood si lisciò il mento per un istante con aria contemplativa.
Premette timidamente il tasto.
In cima alla cassa di tek uno sportellino si aprì con un ronzio, scoprendo una cerniera delicata e complessa, e ne uscì svolazzando un minuscolo uomo non più alto di un pollice e provvisto di ali iridescenti da libellula. Guardando attentamente tra la pallida luminescenza violetta che lo avviluppava, Blackwood riuscì a intravedere che l’omino indossava abiti che forse erano stati di moda un secolo prima. Aveva i capelli corti e scompigliati di un biondo rossiccio scuro e i suoi occhi minuscoli simili a gioielli si inarcavano aggraziati verso le tempie in un modo che rammentò a Blackwood i popoli dell’Oriente.
– Buon pomeriggio a voi, signore – disse l’omino con un ritmato accento irlandese. – Sono l’Aiutante. Come posso assistervi?
– Ah… buon pomeriggio – rispose Blackwood. – Ho acquistato questo apparecchio alla Cottingley’s Cogitators non molto tempo fa e a quanto sembra non riesco a farlo funzionare. Mi chiedevo se non ci fosse qualche guasto.
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