Nella versione cinematografica John Favreau mostra di aver ben appreso la lezione già dal primo episodio, ben modellato sulle origini del personaggio, in cui un arrogante quanto brillante miliardario viene trasformato, da un incidente causato dalle stesse armi che produce, in un eroe a tutto tondo senza perdere nessuno dei suoi affascinanti quanto divertenti difetti. Una riuscita mescolanza di elementi in grado allo stesso tempo di aggiornare Tony Stark portandolo più vitale che mai sul grande schermo senza snaturarlo troppo, amplificando anzi le sfaccettature più riuscite della controparte letteraria. Nel secondo episodio, ad opera sempre di Favreau, il concetto viene approfondito, non abbiamo solo un confronto con la propria mortalità e con i rimorsi di una coscienza tutt'altro che linda ma comincia a profilarsi lo spettro dell'alcool e soprattutto con esso ed attraverso di esso Stark, sempre fino ad ora incrollabilmente convinto delle proprie capacità, dubita per brevi istanti di quel genio sempre stato al suo fianco anche nei momenti più bui. Il dubbio diventa più profondo e si tinge d'ira fino a portare l'inventore a creare un pretesto per far indossare all'amico James Rhodes un'altra versione dell'armatura, del suo alter ego, non sentendosene più degno o, per meglio dire, non essendo più sicuro di poterne esser degno in futuro. Chiaramente al situazione si risolverà per il meglio e fugati i dubbi il nostro eroe scintillerà più vivace che mai ma è apparsa una piccola frattura fra l'uomo e la sua creazione, bastante ad introdurre un potente concetto su cui il regista Shane Black deciderà di costruire il terzo capitolo di una delle più interessanti quanto riuscite saghe super-eroistiche presentate sul grande schermo. Tralasciando la compressione necessaria di  concetti e personaggi necessariamente operata da Black per ridurre una storia complessa in un tempo comunque ridotto, risalta subito, dalle dichiarazioni dello stesso regista e sceneggiatore quanto dal co-sceneggiatore Drew Pearce, un punto fondamentale d'ispirazione: Extremis, una controversa quanto eccezionale miniserie di Iron Man scritta dal geniale Warren Ellis. Portato alle estreme conseguenze da un terrorista, Mallen, mutato in una spietata entità tecnorganica da una specie di virus nanotecnologico, Stark decide, non riuscendo a migliorare l'armatura per renderla all'altezza dell'avversario, di iniettarsi lo stesso virus e migliorare l'uomo. Tony Stark e l'armatura diventeranno due facce della stessa entità, di gran lunga superiore alla semplice somma delle parti ed in grado di sconfiggere Mallen in brevissimo tempo. Extremis sembra una risposta a fumetti dell'interrogativo suscitato da Favreau sulla scissione uomo-armatura ma allo stesso tempo viene vista da alcuni lettori della serie come un cedimento verso l'omologazione di Stark agli altri disumani suoi colleghi. Guardando a fondo nell'opera di Ellis emerge però un concetto ben diverso, emerge una revisione in chiave attuale di quello che il personaggio è sempre stato dall'inizio: umano,
Un cameo d'eccezione per Iron man 3?
Un cameo d'eccezione per Iron man 3?
anzi fin troppo umano. Nessun Dio, nessuna forza magica o sovrannaturale, nessuna entità esterna muta Stark se non un virus tecnorganico programmato da lui stesso, dal suo talento geniale quanto a volte fallace, per rendere l'armatura un'estensione della sua persona o, viceversa, la sua persona un'estensione dell'armatura. Fuso  assieme alla sua creatura ma ancora diviso da essa dai suoi timori e dalle sue incertezze, Stark non fa, in effetti, che peggiorare la situazione facendo emergere in pieno il dilemma fondamentale se sia l'uomo ad essere un tassello fondamentale nella creazione dell'eroe o viceversa, qualunque uomo, anche il più imperfetto, dotato di abbastanza hardware possa modificare il suo software mentale e comunque diventare una figura eroica. Lo spirito sta nel guscio meccanico o il giusto guscio meccanico può affrancarsi dal suo creatore e modificare lo spirito di chiunque lo indossi rendendolo confacente alla figura dell'eroe. Si può rispondere alla domanda, probabilmente la linea narrativa seguita da Shane Black per il terzo film di Iron Man, solo riscoprendo cosa vuol dire essere un uomo e cosa vuol dire essere un eroe in un percorso al contrario che sfrutterà proprio la figura complessa dell'uomo-armatura per spogliare la sua anima di ogni orpello e metterne a nudo il motore.