Avevo sospirato, passandomi le palme delle mani sugli occhi. - Sono quelli della tivù che ti costringono? - ti avevo chiesto.- Cosa?- Hai debiti? Ho dei soldi da parte, ed è già un po’ che quelli della Boeing mi stanno dietro per un paio di brevetti che vogliono. Se sono i soldi che ti servono, ti basta chiedere.

Avevi sbarrato gli occhi, scuotendo il capo.

- Lu, non hai capito niente.

- Fosse la prima volta.

- Non ho bisogno dei tuoi soldi, e nessuno mi costringe. Io voglio farlo, proprio perché nessuno l’ha mai fatto, capisci?

- Ma non ne hai abbastanza? - ti avevo rinfacciato. - Non ne avrai mai abbastanza? Hai già fatto un mucchio di cose che nessuno aveva mai fatto prima. Il primo otto di Alfa Centauri, tanto per stare in tema.

- Il primo otto a vela. Rosen l’aveva già fatto, col plasma.- La rotta di Sirio in solitaria.

- Appunto: in solitaria. L’avevano già percorsa, con equipaggio.

- La prima donna a scendere sotto...

- Appunto! - eri sbottata, esasperata. - La prima donna. E la prima a vela, e la prima in solitaria, e così via.

Ti eri passata una mano sul cranio calvo, con lo stesso gesto che usavi un tempo per tirarti su i capelli, e per il quale ti ho amata fin dall’inizio. So che quel gesto morbido è sempre stato istintivo, in te, e che non l’avevi fatto apposta. Però in quel momento avevo lo stesso sentito le ginocchia cedere, e avevo saputo che ti avrei detto sì, alla fine.

- Lu, io voglio fare una cosa per prima - mi avevi detto, abbassando la voce. - Non prima donna, o prima qualcosa: prima e basta, capisci? E questa volta posso farcela. Io so di potercela fare, e te lo dimostrerò, calcoli alla mano. Ma ho bisogno che tu sia con me. Sei il migliore ingegnere che esista, e io ho bisogno di te per riuscirci. - Ti eri fermata, fissandomi negli occhi. - Ti prego.