L’unico romanzo di quel periodo (Aleph 3, scritto per il mercato francese e pubblicato solo nel 2007) muoveva da un enigma matematico verso una storia di universi paralleli alla Simak: un anello intorno ai nebbiosi soli del Quartiere Africano di Roma e di San Cipriano Po, provincia di Pavia. Nel frattempo la sua SF si faceva sempre più politica. Potremmo proseguire con le distopie tecnocratiche degli anni 60: sintetiche bambole erotiche, vite oniriche indotte da droghe o da ologrammi (vite virtuali, diremmo oggi), incubi burocratici, una tirannia ossessionata dall’efficienza fisica, o un sistema di potere che costruisce il consenso attraverso l’invisibilità (mascherando i potenti tra la gente comune) e il sospetto – Dick avrebbe amato Scacco doppio!
Potremmo concludere con il lungo periodo inaugurato a fine anni Settanta, che si sovrappone alla produzione più esplicitamente politica e che definirei weird rurale, il cui capolavoro è un altro racconto di mondi paralleli, Screziato di rosso. Questa fase prosegue negli ultimi anni, in cui la SF vira sempre più nella direzione di un fantastico indefinibile, del tutto personale. Non c’era alcuna nostalgia nell’ambientazione del suo unico romanzo fantasy, su cui ho avuto occasione di scrivere nel n. 2 di Effemme – Almanacco di FantasyMagazine (2010, dopo una versione online del 2009): Nel segno della luna bianca (1985, scritto con Daniela Piegai) univa tecnologia e una società semi-medievale: un fantasy libertario senza eroe e decisamente controcorrente.
Anche nelle contaminazioni fra generi (realismo compreso) Aldani è stato un precursore: attraverso gli sfondi rurali, piuttosto che trovare la soluzione facile e sicura del rifiuto della modernità, si ponevano domande che restavano senza risposta. Lo stesso vale per l’ultimissimo romanzo (Themoro Korik, 2007): una rispettosa indagine della vita zingara (il cui protagonista rivelava più di una traccia degli investigatori di H.P. Lovecraft) che si fermava sulla soglia del “paese al di là”: il luogo delle origini, una dimensione parallela, la realizzazione del desiderio, dell’utopia, o perfino della trascendenza. La promessa del mistero si trova in un punto indeterminato fra Trieste e Themoro Korik, come fra il Kansas e la favolosa terra di Oz. Un provetto storyteller sapeva bene che il finale doveva restare aperto, e anche la decisione sull’appartenenza a “un” genere resta in sospeso.
In generale, i romanzi fantascientifici della maturità sono parabole sull’inumanità del potere, colonna sonora letteraria del disincanto e delle speranze perdute della sua generazione. Il futuro prossimo del dropout di Quando le radici (1976), che trova un senso e una fuga (on the road?) nella comunità Rom; la space opera impossibile del tremendo inganno di Eclissi 2000 (1979), l’astronave generazionale che si rivela essere un rifugio sotterraneo in un mondo radioattivo; l’antropologia aliena del 23° secolo di La croce di ghiaccio (1989), il prete esule volontario che cerca di comunicare con gli alieni, in una partita a scacchi fra culture dalla logica dolorosa e inesorabile. Tutte storie di tentativi destinati al fallimento. Anche quando il sottogenere non era la distopia, Aldani non è mai stato portatore di buone notizie. Ma continuava a scoprire storie, mondi e protagonisti che insistevano a cercare vite migliori, e a parlare dei loro tentativi.
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