Mitchell è consapevole che portare un romanzo sul Grande Schermo non significa affatto essere fedele al testo originale, anzi. La cosa importante è lo spirito del romanzo e il messaggio: “Certi cambiamenti nella trama e nei personaggi – ha infatti scritto lo scrittore nella prefazione al’edizione italiana de L’Atlante delle nuvole - erano inevitabili: così i sei mondi del libro si sarebbero potuti modellare in un contenitore a forma di film: l’amore tra lo Zachary (ormai) maturo e Meronym nelle Hawaii postapocalittiche per esempio, o l’epilogo di Cavendish che compare nel film ma non nel libro. Peraltro la struttura a matrioska del libro è diventata piuttosto a mosaico: non puoi chiedere a uno spettatore di iniziare un film per la sesta volta dopo cento minuti, e sperare che non ti tiri il popcorn. Capivo – ha continuato Mitchell - che ogni qual volta la sceneggiatura si staccava dal romanzo era per sane ragioni narrative che mi lasciavano più impressionato che irritato. (Durante la lettura sono stato seduto accanto a Lana Wachowski e quando una battuta mi sembrava particolarmente forte, le sussurravo: «Questa è tua o mia?» Il risultato era 50/50, direi). Comunque l’adattamento di un romanzo può essere un disastro non per troppa infedeltà, ma anzi per troppa fedeltà: perché fare tutti quegli sforzi per produrre un audiolibro con le figure?"Cloud Atlas è stato pubblicato per la prima volta nel 2004 e ha ricevuto le lodi degli scrittori e dei critici, ma lo scrittore inglese non pensava certo che da esso si potesse trarre un film, proprio per il fatto che l’architettura del romanzo era complessa. I sei protagonisti de Cloud Atlas - L'atlante delle nuvole vivono in punti e momenti diversi del mondo e del tempo, eppure fanno parte tutti di un unico schema, una specie di matrioska composta da sei personaggi uniti l'uno all'altro dal filo sottile e inestricabile del caso. Le loro anime si spostano come nuvole, da qui anche il titolo del romanzo.
Mitchell si è interrogato anche su cosa prova uno scrittore quando alla fine della realizzazione del film vede la sua opera letteraria trasposta per immagini: “«E allora, che effetto fa?». Questa è la classica domanda ricorrente che ti senti fare, quando il tuo libro arriva alla fine della lunga ascensione dal purgatorio della produzione ai multisala. Per prima cosa senti l’impatto fisico che provoca vedere e sentire le tue parole che prendono corpo. Davanti ai tuoi occhi, gli attori pronunciano un dialogo che hai scritto nella tua camera anni prima, e tutti quegli esseri della non esistenza diventano reali. Trovano lampi di ironia o di minaccia che non hai previsto e presto sparisce ogni ricordo di come hai immaginato il personaggio, prima che l’attore si mettesse nei suoi panni. Per un drammaturgo o uno sceneggiatore questo WOW ontologico è pratica di tutti i giorni, ma a me il ricordo della prima lettura della sceneggiatura fatta dal cast resterà impresso per sempre”.
Lo scrittore inglese ha avuto anche la possibilità di essere presente sul set durante le riprese e la sua stima per gli attori e i registi è cresciuta proprio per il fatto di poter assistere alle diverse interpretazioni date dagli attori ai vari personaggi.
“È molto cresciuto anche il mio rispetto per gli attori: non c’era niente di artificiale nella scena in cui la sempre splendida Halle Berry rimaneva immersa nell’acqua fino al collo (per la seconda ripresa quel pomeriggio); e David Gyasi, che recita la parte di un moriori dell’Ottocento, mi ha aiutato a decifrare l’accento che avevo in mente quando scrivevo il personaggio, passando con grazia da un perfetto accento maori, al caraibico e all’africano, con la semplicità di un uomo che cambia cappello. Grazie a un mio piccolo cameo ho imparato anche quante ore si passano sul set per ogni minuto sullo schermo. Non c’è da stupirsi che alcuni attori diventino lettori voraci.”
Se è sempre consigliabile leggere un romanzo prima o dopo aver visto la trasposizione cinematografica, nel caso de L’Atlante delle nuvole di David Mitchell il consiglio vale doppio proprio per poter apprezzare le sfumature di un testo letterario che è considerato da molti critici come un’opera innovativa e molto originale.
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