Una storia di una vendetta fra robot che sanguinano (anche molto), ambientata nel west, ma con tinte horror. Presentato così, chi non cestinerebbe Dark Vessel senza degnarlo di uno sguardo? Se non fosse che a ideare e realizzare l'animazione è stato tal Rocky Curby, specialista degli effetti visivi che collabora con Disney e che ha lavorato su molti titoli sci-fi come Transformers, Super 8, The Amazing Spider-Man.
Non proprio l’ultimo arrivato e si vede in questo corto di cinque minuti in cui gli effetti visivi sono tutto. Il gioco fra colori caldi e freddi, fra ombre e luci, il design dei robot in stile cartoon (ricordano Bender dalla serie Futurama) che contrasta con la violenza della storia sono elementi che contribuiscono a costruire quel gusto dell'assurdo di cui il corto è pervaso, ancora prima della trama in sé.
La quale, ovviamente, non ha molto senso: nel 1977 un robot viene brutalmente assassinato davanti al cartello di benvenuto a Waxahachie, in Texas (per la cronaca, la città esiste davvero). Prima di morire, il robot giura vendetta. E infatti la sua ombra rimane nel cartello, finché un giorno un altro robot – che ha avuto la sfortuna di innamorarsi della figlia del capo della gang autrice dell’assassinio – viene incatenato al cartellone con il compito di ripulirlo dal fantasma. Invece il fantasma si impossesserà di lui, o meglio della sua ombra, per compiere la sua vendetta.
Tutto chiaro? Benché la trama non sia proprio un esempio di linearità, nei suoi cinque minuti il corto diverte mischiando generi (splatter compreso), infischiandosene della credibilità e soprattutto mettendo in mostra una carrellata di effetti visivi realizzati con cura, il che è forse l’obiettivo ultimo del suo autore, in termini di autopromozione. Buona visione.
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