Il programma spaziale americano è stato quasi completamente abbandonato, lasciando l'incombenza della presenza umana nel sistema solare alle sole sonde robotiche. All'improvviso il Venture riappare nel cielo sopra un abbandonato Kennedy Space Centre, atterrando in modo rovinoso e riportando sulla Terra, vivo, il comandante della missione dispersa. Sarà compito di un team di scienziati raggruppati in fretta e furia dal governo americano il dover far luce sul mistero della sua prima sparizione e su dove sia stato nel decennio passato. Un giovane ingegnere specializzato in propulsione spaziale, geniale quanto frustrato per aver mancato completamente il periodo storico in cui le sue competenze avrebbero potuto essere messe a frutto, una biologa che è stata l'ultima astronauta a tornare da una missione orbitale e la psicologa designata al tempo per seguire da terra gli equipaggi delle navette si dovranno destreggiare fra mille difficoltà, sotto l'occhio guardingo dell'esercito, per rimettere insieme i tasselli di un mosaico con tutte le qualità necessarie per essere la più grande scoperta mai fatta dall'umanità dopo il fuoco. Discorsi sul bias drive, sull'effetto di distorsione teorizzato da Alcubierre, sull'annullamento dei campi gravitazionali si fondono perfettamente con il silenzio autistico del capitano del Venture, con il senso di timore ed allo stesso tempo di fervore di chi sta lavorando attorno ad un fenomeno inspiegabile con l'opportunità di svelarne i segreti, accendendo nel lettore un crescente senso di curiosità e di meraviglia in grado di accompagnarlo per tutte le tavole dell'opera. Orbiter non ha bisogno di azione perché è un fumetto di scoperta o ancor meglio riscoperta di quelle sensazioni che ci costringono a guardare avanti, a non rinnegare la nostra natura di esseri pensanti.Ci stiamo allontanando già ora dallo spazio, sostiene Ellis, da quando siamo sbarcati sulla Luna siamo stati sempre più vicini alla Terra, lo stesso Shuttle è destinato a missioni spaziali relativamente vicine. Per lo scrittore scozzese il messaggio di Orbiter deve essere quello di spronarci a tornare lassù, a non perdere lo spazio, a cogliere la grandezza che ci aspetta una volta abbandonata la nostra culla, a crescere insomma come genere umano. Proprio per questo Orbiter viola tutti i canoni del “buon fumetto hard sci-fi” risultando comunque un'opera riuscita, perché la profonda conoscenza tecnica e lo studio dello sceneggiatore, gli “spiegoni” insomma tanto cari ai fratelli Wachowski all'epoca di Matrix, son temperati da una passione in grado di smussarne gli angoli e di renderli tanto appassionanti quanto potrebbero essere altrimenti stucchevoli o noiosi. Warren Ellis dice di ricordarsi le ore ed ore notturne passate a giocare col modellino dell'Apollo 11 pazientemente montato dal padre poco dopo a sua nascita.
Ne parla, nell'introduzione di Orbiter, come del momento in cui la passione del padre per lo spazio e la fantascienza lo ha contagiato in modo permanente, facendolo sentire parte di qualcosa di più grande di lui, di un sogno con la possibilità di realizzarsi, ed è proprio questo che lo scrittore scozzese riesce a trasmettere così bene con questo fumetto, senza bisogno di toni eccessivi, anzi con una fluidità di narrazione così dignitosa da portare sotto gli occhi dello spettatore quegli elementi in grado di stregarlo senza che nemmeno se ne accorga. Uscita ora in Italia, dopo anni di anticamera, con un tempismo fortuito in grado di farne coincidere la pubblicazione con l'atterraggio di Curiosity sul suolo marziano, Orbiter è un ottimo esempio della flessibilità di un genere portata ai suoi massimi livelli.
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