William T. Vollmann è una delle voci più innovative e costruttive della nuova corrente letteraria underground che sta prendendo prepotentemente piede nella cultura di massa americana, l'avantpop. W. T. Vollmann con precisione chirurgica, con romantico dispetto, descrive una America votata al culto di se stessa, poco o nulla interessata alla sua crescita morale. Vollmann non si spende in inutili giaculatorie da baciapile: analizza i fatti e li mette nero su bianco sulla pagina, una pagina romantica che ricorda la crudezza poetica di Celine e Burroughs, ma anche quella più aggressiva di Charles Bukowski non dimenticando di inserire all'interno della sua prosa impronte di tenerezza tipiche di Jack Kerouac e John Fante. Se la Beat Generation è morta da tempo, se la cultura pop ha avuto la sua consacrazione per essere dimenticata come tutte le mode, W. T. Vollmann sta bene attento a non lasciarsi ingoiare dai formalismi letterari ed etici americani: la sua è una voce potente che non accetta compromessi, un lottatore, un sovversivo, che attraverso la cultura avantpop riesce ad esprimere il clima di disagio latente della popolazione americana avvezza a consumarsi davanti a MTV e alla Chiesa. Le prostitute, i depravati, i maniaci sessuali, i colletti bianchi, le genti che vivono ai margini della società, i papponi, i ladri, i farabutti, sono i personaggi preferiti da Vollmann: la società non è buona e Vollmann non ha peli sulla lingua, lo dice a chiare lettere. Non sempre il suo stile è scorrevole: alle volte il lettore rischia di perdersi nel dedalo delle ambientazioni e dei personaggi creati dallo scrittore, ma la gioia è immensa quando il lettore riesce a ricollegare eventi e personaggi. La maggiore influenza che Vollmann ha assorbito nel suo Ego deriva sicuramente da un attento studio delle tecniche narrative di un grande della Beat Generation, William Burroughs.
Storie di Farfalle è un grande romanzo che senza mezze misure narra le avventure dissacranti e tenere di un giornalista e di un fotografo nel sud-est asiatico; impegnati in una frenetica ricerca della loro anima, si rendono ben presto conto di non averne una e, soprattutto, comprendono che l'anima, almeno per loro, non esiste tranne nel caso che la si voglia paragonare ad un bijou da quattro soldi, regalo per una prostituta asiatica. In Storie di Farfalle Vollmann evidenzia lo scontro fra la cultura americana e quella asiatica: loro, turisti del sesso, non hanno scrupoli, o almeno credono di esser immuni all'amore, eppure qualcosa non va secondo le loro aspettative; nonostante tutto il cinismo che alberga nelle loro azioni, il calore delle donne asiatiche, la povertà, la crudeltà della mercificazione del corpo per sbarcare il lunario, sono fatti che instillano in loro il dubbio che forse non sono le prostitute a darsi a loro... forse sono loro, gli americani, che si prostituiscono alle prostitute. A complicare il loro soggiorno turistico sopraggiunge l'amore: il giornalista finisce col prendersi una bella cotta per una prostituta, la sua vita finisce col dipendere in tutto e per tutto da lei. Il giornalista non riesce a spiegarsi perché si sia innamorato: sa solo che ormai è successo e non può più tornare indietro, non può tornare in America nel suo ufficio e far finta di niente, perché il fantasma dell'amore lo ghermirebbe comunque per il resto dei suoi giorni. Il dramma: si prende lo scolo, poteva andar peggio, ma in un primo momento aveva seriamente creduto di essersi beccato l'Aids.
La storia con la prostituta va avanti: lui la ama, lei lo ama perché è americano ma questo non dà fastidio al giornalista, almeno in un primo momento. La sua identità, se mai ne ha posseduta una, si è persa in qualche ambiguo recesso della sua psiche e lui non ha alcuna intenzione di riappropriarsene. L'esigenza che più gli preme è quella di far capire alla prostituta che lui è soprattutto un uomo oltre ad essere un americano e un colletto bianco con dollari nelle tasche: lui è pronto a rinunciare alla sua nazionalità per far comprendere a lei che lei può, deve, amarlo soprattutto come uomo. Impossibile: come nella migliore tradizione, lei non capirà. Lui si sforza di farle capire e lei comprende, ma rifiuta un uomo che non sia americano: il giornalista comprende che il mondo asiatico non ha dimenticato la storia, la crudeltà che gli USA hanno imposto politicamente ed economicamente agli stati asiatici. Lei lo vuole se sarà americano: lei vuole l'America perché l'America ha un conto da saldare con il mondo asiatico, questa è la sua vendetta, la vendetta di milioni di donne come lei, di bambini che nascono per vivere nell'indigenza pochi anni o nessuno, di uomini che un tempo furono bambini e che oggi sono mercenari, mercanti di sesso, trafficanti di armi. Lei è la vendetta del mondo asiatico, questa è la verità, un dato di fatto in carne e ossa che non si può comprare o accontentare di un bijou.
Storie di Farfalle non è un semplice romanzo, la parola FINE non esiste, non può esistere. William T. Vollmann con questo romanzo ha evidenziato con arte magistrale le contraddizioni della società odierna, che passivamente viviamo e che, nella maggior parte dei casi, conosciamo esclusivamente attraverso i mezzi di comunicazione per loro natura falsi, studiati per esser offerti alla gente per abituare il mondo a non pensare. E Vollmann fa pensare senza aver la pretesa di insegnare a pensare. Storie di Farfalle è un grande libro: per chi ha amato Burroughs e Celine, questo libro non può mancare tra i titoli della propria personale libreria.
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