Il primo è che ancora non so chi sono, ovvero la morte in cambio della vita non mi ha ridato la memoria e lasciato proseguire in quel senso generale di confusione. Il secondo, una domanda bisognosa di risposta più che un motivo, è: chi ha fatto questo? Chi ha scatenato l’operazione ‘Bruciatutto’? E che razza di nome poco fantasioso ha dato a un… massacro… distruzione… sfacelo… ecatombe…? Non riesco a trovare neppure un appellativo appropriato, nonostante il ‘fantasmatismo’ abbia di molto allargato il mio vocabolario.

Chi e perché. È questo che voglio ora, sapere. Chi è stato e perché l’ha fatto. 

Anche se ho le esigenze ‘fisiche’ del capire non ho più i limiti di un corpo fisico e di una mente dalle capacità dubbie, e da un certo punto di vista è un’ottima cosa. Essendo fantasma o anima o quel che è questa mia diversa forma d’esistenza, fosse anche solamente illusione, sono conscio di nuove possibilità di movimento, e le sfrutterò al meglio. 

I fuochi di luce/raggi che bruciano sono ancora qui che insultano in modo atroce tutto ciò che mi circonda. Potrei usare un idioma corretto ora che so cosa sono, però mi sono affezionato a questo.

Posso servirmi di loro. Arrivare alla loro origine seguendone a ritroso il percorso, fisicamente e oltre, navigando come in un fiume lungo le ‘linee intenzionali’ che li impregnano con la loro premeditazione: operazione ‘Bruciatutto’. Sono opera dell’uomo e a quell’uomo ritorneranno come un cordone ombelicale, indissolubili nel tempo e legate nello spazio.

Innalzandomi verso il cielo supero rapidamente il lucore delle esplosioni oltrepassando anche i nessi meccanici capaci di creare tanto e soltanto olocausto. Da questo gruppo di derivazione statico le ‘linee intenzionali’ ritornano in alto oltrepassando l’azzurro dell’atmosfera andando a infilarsi nel blu scuro e ottuso dello spazio interplanetario. Sono collegamenti perentori e retti come fili tesi, non mi resta che avvicinarmi e risalire.

Gli sono a ridosso, talmente vicino a uno dei fili che riesco a discernere la struttura minimale come lo esaminassi sotto un microscopio. Non più una linea bianca ma un raggio iridato a frequenza costante e fittissima di punte positive e negative.

Giungo prontamente alla sua origine. Il satellite è un macchinario squadrato e recentemente dipinto di nero fotoassorbente, con tanto di pannelli solari, tubature di scarico e apparati ricetrasmittenti, con una parabola romboidale circondata da antenne di svariate forme e dimensioni. Da una di queste, la centrale del nucleo di cinque sotto la parabola, dipartono tutte quante le ‘linee intenzionali’ urlando con prepotenza la loro volontà di bruciare.

Mi rimpicciolisco e immedesimo nella linea di frequenza che mi ha fatto da traino inglobandomi in lei. Ne divento un particolare, isolato e comunque concorde, come un salmone che risale la corrente del fiume e, allo stesso modo e con la stessa costanza giungerò al mio obiettivo, il punto di partenza delle ‘intenzioni’.