- Doohna sta semplicemente giungendo al termine della sua vita. Lei non è come noi. - replicò il precettore.Gli lanciai uno sguardo interrogativo.- E nemmeno suo figlio, lo è. - aggiunse.
La madre di Ardelan aprì nuovamente gli occhi. Mi osservò per qualche istante e, a giudicare dal respiro che si fece affannoso, le costò molta fatica. Mi chiesi se mi odiasse quanto il figlio del sindaco odiava suo figlio.
Iniziavo a intuire le ragioni di tutto quell’odio, come quelle della paura. Degli uni e degli altri. Di coloro che vivevano la propria vita come un lungo viaggio attraverso le epoche della storia, come di quelli che consideravano preziosissimo anche un solo giro di Harris V intorno ai tre soli. Gli uni temevano di essere contaminati dagli altri, mentre questi venivano giocoforza soggiogati dai primi.
Doohna Takzir giungeva alla fine della sua vita all’innaturale età di quarantanove anni. Seppi in seguito che l’età media delle donne del popolo era più o meno quella. I maschi potevano sperare di arrivare a cinquantacinque, cinquantasei anni al massimo.
La morte della madre del mio compagno fu la prima di una lunga serie di addii che costellarono la mia esistenza di individuo dotato del dono della longevità. Nei decenni e nei secoli successivi avrei assistito impotente all’inevitabile separazione da amici, commilitoni, compagni, donne che avrei amato. Avrei pianto ciascuno di loro come fosse stata la prima volta, avrei sofferto. Per una curiosa coincidenza, fu sempre fra gli individui dalla vita breve che trovai le persone di cui volli circondarmi nella mia esistenza, e non rinunciai mai al loro affetto, all’amore, all’amicizia, se non nel momento in cui la loro biologia mi costrinse a farlo.
Forse, nel mio tornare ogni volta a cercare un dolore che chiunque avrebbe fuggito, una parte di me reiterava la punizione per la superbia di noi Longevi, o forse solo nelle donne e negli uomini dalla vita breve trovavo il senso più profondo dell’essere umano.
Sullo sconforto che ha segnato la mia esistenza, nulla hanno mai potuto la contemplazione di un numero senza pari di affreschi dipinti nel cielo dal tramonto dei tre soli di Harris, né l’opportunità di veder finalmente concluso qualsiasi conflitto abbia sconvolto i pianeti maggiori, né infine il dono di un corpo lungamente giovane e in grado di amare con la dovuta dedizione la grande quantità di donne che il tempo mi ha concesso.
Tutto ciò, infatti, non mi avrebbe mai ripagato del dolore per la perdita di una sola fra loro. In ciascuna vi erano sterminati tramonti, infiniti soli e insanabili, dolci conflitti. A un uomo non dovrebbe esser concesso sopravvivere ad essi. Non in condizioni tali da rimpiangere la propria natura come causa di simili perdite. Non al punto da considerare la sopravvivenza come una circostanza assai peggiore della morte.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID