Nessuno fu in grado di spiegarmi la ragione di tutto ciò. Nemmeno il nostro precettore, Laureel. La separazione fra “Noi” e gli “Altri” era un dato di fatto, al pari della differenza fra ordini superiori e inferiori di specie animali o vegetali. L’evoluzione poteva essere studiata, osservata, analizzata, ma mai messa in discussione. Una simile prospettiva non mi convinse mai.
Alcuni anni dopo i fatti che ho testé descritto, mi capitò di incontrare una seconda volta la ragazzina che aveva dato prova dei suoi eccezionali poteri.
A quindici anni, la piccola Mitsuo era diventata una donna snella e desiderabile, e pur mantenendo una struttura corporea piuttosto minuta, i suoi lineamenti sottili si erano fatti più morbidi, anche se non tanto da impedire di ravvisare in lei i tratti che ne rivelavano l’appartenenza a quella che nel frattempo avevo appreso essere una delle etnie più selezionate dell’intero Universo.
Ci rivedemmo sulle rive di un laghetto artificiale, poco prima della sua partenza da Ramsar. Ho a lungo pensato che il nostro fosse stato un incontro casuale; oggi so che non era così.
Ero convinto che nessuno potesse lasciare facilmente la nostra piccola luna, non senza un motivo, o un permesso speciale. Glielo dissi.
- La mia gente è in grado di aggirare simili ostacoli. - si limitò a replicare.
- Dove sei diretta? - le domandai.
- Su Harris V.
Con il passare degli anni, la sua voce si era ammorbidita, ma non il suo sguardo.
- Questa piccola Luna è un luogo ai margini della Storia, Hobbes - Sahn. - aggiunse.
- Me ne andrò anch’io.
- Lo so bene. Il tuo futuro non è qui.
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