La storia, anche se in Italia è uscita solo un anno fa, risale al 1989, quando non si parlava ancora di postumanesimo, ma molto di cyberpunk. E nonostante i toni di molti dei suoi racconti non siano propriamente ottimistici nei confronti dell’umanità, Di Filippo ammette di essere ottimista, “benché ci sia un sacco di letteratura distopica e apocalittica in giro”. L’umanità, spiega, ha ancora davanti a sé molta strada da fare, soprattutto considerando una teoria scientifica che lui ritiene valida e che ha tenuto a raccontare alla platea di spettatori: “Se si esamina un certo tipo di fenomeno naturale, le probabilità matematiche indicano che non stiamo assistendo all’inizio del fenomeno, e nemmeno alla fine del fenomeno, perché sarebbe una possibilità statisticamente molto rara. Quando osserviamo qualche cosa, per esempio il Sole, è molto probabile che lo si stia osservando in una fase intermedia della sua evoluzione. E lo stesso discorso si può applicare all’umanità: possiamo essere ragionevolmente sicuri che ci troviamo da qualche parte nel mezzo dell’evoluzione umana… probabilmente ci sono davanti a noi centomila anni (se si tiene conto degli anni passati dalla nascita dell’Homo Sapiens) o quattro milioni di anni (partendo dall’affermazione dei primi ominidi). Se accettiamo questo tipo di ragionamento non c’è bisogno di immaginare un destino apocalittico molto vicino, ma si può prendere in considerazione un arco temporale molto più grande”.Ottimistica è anche la visione di Di Filippo del futuro della fantascienza. Che non si limita a una constatazione, il fatto cioè che l’idea che la fantascienza sia moribonda non sia una novità, ma un’affermazione che ritorna in modo ciclico (invitando gli spettatori a leggere su Internet gli atti di un simposio tenuto agli inizi degli anni Sessanta in America, dal titolo “Chi ha ucciso la fantascienza?”, che dimostra come il tema non sia affatto nuovo), ma si spinge fino ad avanzare delle soluzioni: “Lasciamo stare Harry Potter, che è fantasy. Pensiamo a Hunger Games: milioni di vendite tra i giovani lettori, un grande film tratto dai romanzi, dimostrano che il mercato e la richiesta ci sono. Ma non credo che stiamo facendo abbastanza per traslare questi nuovi fan verso il nucleo centrale della fantascienza”. Affiancando le proposte di David Gerrold per un maggiore lavoro sui diversi media della fantascienza – cinema, televisione, videogames – Di Filippo guarda favorevolmente a un esperimento tutto americano: quello di Nickelodeon, il celebre network televisivo per ragazzi trasmesso via cavo negli USA, che a lungo ha avuto anche una rivista cartacea collegata (poi chiusa nel 2009): “Abbiamo bisogno di un lavoro di questo genere per spostare i giovani dai media alla letteratura”. Una proposta molto lungimirante se si tiene conto che proprio lo steampunk, dopo tutto, ha riscosso un successo che ha travalicato di gran lunga i confini della letteratura, dando vita a graphic novel (La lega degli straordinari gentleman), manga (Il castello errante di Howl), serie televisive (Dinotopia) e soprattutto film (Wild Wild West, The Prestige, Ember, Mutant Chronichles, nonché tante riproposizioni steampunk di classici come Il pianeta del tesoro, Il giro del mondo in 80 giorni, Sherlock Holmes, I tre moschettieri) che hanno diffuso il genere a livello mondiale, anche se i milioni di suoi estimatori magari non sanno che il vero padre nobile dello steampunk è quell’uomo visionario, affabile e autoironico che si chiama Paul Di Filippo e che si limita a fare un lavoro molto antico: lo scrittore.
Dallo steampunk al postumano: il futuro della fantascienza secondo Paul Di Filippo
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