Stupidità. Dopo aver visto l’attesissimo ritorno di Ridley Scott al cinema di fantascienza a trenta anni di distanza da una pietra miliare come Blade Runner, la parola stupidità continua a vorticare nella testa del recensore. E non è una sensazione piacevole. Dispiace doverlo ammettere ma Prometheus è un deciso passo falso nella carriera di questo illustre regista. Certamente Scott era consapevole dei rischi: cercare di tener testa ad un classico come il suo Alien era un’operazione difficile, se non impossibile. Ma la sfida era intrigante: creare non un vero e proprio altro capitolo della serie ma un prequel ambientato in quello stesso affascinante universo.
Dopo un suggestivo prologo sui titoli di testa (girato nello spettacolare scenario naturale delle cascate Dettifoss in Islanda) eccoci a bordo della nave stellare Prometheus, diretta verso un desolato pianeta che è stato individuato grazie ad antichi disegni rinvenuti in caverne in varie parti del mondo. I vari componenti dell’equipaggio vengono risvegliati dall’animazione sospesa dal robot di bordo e successivamente radunati in una sala dove viene fatto il punto della situazione e illustrati gli obiettivi della missione spaziale, finanziata dalla Weyland Corporation. Durante la discesa nell’atmosfera del lontano pianeta viene individuata un’ampia valle al centro della quale sorgono delle installazioni chiaramente artificiali. La nave atterra e comincia l’esplorazione del labirintico complesso alieno, che si rivelerà pieno di pericoli…
Il tema dell’esplorazione dell’universo e della ricerca di risposte a domande quali chi siamo e da dove veniamo costituiscono da sempre i pilastri portanti della fantascienza. L’inizio del film s’inserisce pienamente in questo contesto e sembra promettere bene. Scott dal canto suo ci mette tutta la sua esperienza e si conferma uno dei grandi registi di questi decenni, capace come pochi altri di confezionare immagini di rara bellezza e potenza. Forte di un budget di circa 130 milioni di dollari il film è stato girato con camere 3D e specialmente se si ha la possibilità di vederlo in una sala Imax il risultato dal punto di vista visivo è assolutamente di prima categoria. Peccato che, come a volte succede per certi regali, lo smagliante pacchetto racchiude un contenuto deludente. Vista l’esperienza accumulata nel corso dei decenni non solo come regista ma anche come produttore era lecito aspettarsi che Scott avrebbe accettato di tornare in campo fantascientifico solo avendo a disposizione un soggetto a prova di bomba da far sviluppare in una sceneggiatura solida e ben calibrata. Abbiamo invece dovuto constatare che le cose sono andate altrimenti.
Attenzione: allarme spoiler proseguendo nella lettura.
Dopo il fascino tecnologico-visuale della prima mezz’ora Prometheus comincia a traballare e a perdere pezzi quando la sceneggiatura comincia a far fare ai vari personaggi una serie francamente inaccettabile di cretinate, che nessun esploratore con un minimo di prudenza e cervello funzionante farebbe e – soprattutto – che nessuno spettatore pagante dovrebbe vedere sullo schermo senza senitrsi un po’ truffato. Per citarne solo alcune (ma la lista sarebbe lunga) si va dal togliersi il casco della tuta durante l’esplorazione di una cavità sotterranea su un altro pianeta al cercare di agguantare con le mani una creatura aliena vagamente serpentoide che sbuca da una pozza di melma. Quelli che dovrebbero essere scienziati commettono una serie impressionante di avventatezze e piuttosto che cercare di sviluppare teorie dalle loro osservazioni semplicemente tirano a indovinare o procedono a casaccio, come nella scena nel laboratorio medico nella quale per errore viene totalmente distrutta la testa di un corpo extraterrestre prima ancora di poterci compiere alcun tipo di analisi. Non ci viene neanche risparmiata la figura della scienziata credente (la dottoressa Shaw, ovvero il personaggio principale), che nonostante abbia ormai prove evidenti e incontrovertibili che demoliscono totalmente le narrazioni bibliche sulla nascita della vita sulla Terra continua a tenersi stretta la sua catenina con pendaglietto religioso. A chi le fa notare come tutto ciò sia ormai del tutto senza senso la brillante scienziata non trova di meglio che rispondere: “è quello in cui ho scelto di credere”. A questo punto, tanto per rimanere nel campo delle fantasie religiose, se esistesse un girone infernale apposito per “sceneggiatori capaci di trasformare in pattume un potenziale grande film” la coppia Spaihts e Lindelof già meriterebbe di starci a pieno titolo. Soprattutto Lindelof in quanto con più esperienza e peraltro già responsabile di quella mega-sola dell’ultima puntata della serie tv Lost. Ma i due vogliono dimostrare di poter fare anche di meglio, ovvero di peggio. Come non citare allora un’altra scena, destinata a diventare un esempio classico in tema di scene risibili e totalmente incredibili. La suddetta dottoressa Shaw, resasi conto con orrore di essere diventata un’incubatrice ambulante, grazie ad un macchinario medico si auto-estrae dal ventre un mostruoso feto di qualche chilo, poi si ricuce rapidamente con qualche grappetta e via, sudata e struffagliata ma sempre bella e pronta per nuove avventure.
Nonostante il tono sia estremamente serio l’intero film è minato da tali e tante macroscopiche cretinate che il vostro deluso e frustrato recensore può solo accennare ad altri aspetti carenti di un film così ambizioso. La musica della colonna sonora composta da Marc Streitenfeld risulta del tutto anonima e spesso anche del tutto fuori luogo anche come stile, come in una scena di un intenso dialogo tra due personaggi accompagnata in sottofondo da una sorta di marcetta. Verrebbe poi da chiedere a Ridley Scott che senso ha ingaggiare un attore di mezza età come Guy Pearce per poi seppellirlo sotto una coltre di make up per fargli interpretare la parte di un ultracentenario. Non sarebbe stato più idoneo scegliere un attore molto più vecchio? Il cast comunque è certamente di gran livello. Tra i migliori in campo certamente Michael Fassbender (il robot) e Idris Elba (il capitano della nave), ma il tempo sullo schermo è poco e la sceneggiatura è così sciatta da non riuscire a creare alcuna connessione tra lo spettatore e i personaggi che popolano la Prometheus. Al punto che, quando puntualmente vengono fatti fuori, non vi sono emozioni ma solo effetti speciali.
Per concludere che si può dire che ci troviamo di fronte a un film scarso - da due stellette di valutazione - e se raggiunge la sufficienza - le tre stellette - lo deve solo alla strepitosa realizzazione visiva. Per il resto la stupidità regna incontrastata nell’universo di Prometheus e nonostante si prenda molto sul serio siamo assai lontani da Alien e molto più vicini ai vari Aliens vs Predator. Ma almeno in quei casi la stupidità era voluta e dichiarata.
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