Strisciò ancora ed esplorò con le mani il pavimento, fino a quando pescò un affare vagamente circolare, dal diametro di pochi millimetri, appiattito. Era liscio, ma sulla sommità presentava delle lavorazioni che Andreas non riuscì a distinguere; dal centro usciva una sorta di piccolo ago.Fece uno sforzo per raggiungere una zona della cella meno buia, dove grappoli di fievole luce esterna scendevano filtrati dalla grata della presa di aerazione del soffitto. A ogni centimetro la gamba devastata sembrò detonare in centinaia di altri frammenti microscopici.Dovette fermarsi un paio di volte prima di arrivare nel punto dove si riusciva a vedere qualcosa, ma ce la fece.

Rantolò, in preda alla sofferenza: quelle canaglie lo avevano ridotto proprio male, ormai era solamente una larva costretta a strisciare tra gli spasmi e le lacrime per percorrere un paio di metri.

Aprì la mano nella quale stringeva il proprio ritrovamento, e lo guardò sotto una lingua di luce tenue: un orecchino.

Non uno qualsiasi, ma un orecchino che Andreas avrebbe riconosciuto tra mille.

“Trevor!”

Dannazione, da quanto ne sapeva Trevor era morto due mesi prima nella Vallata di Igaluk: cosa ci faceva il suo orecchino lì?

Ancora adesso ricordava l’aria affranta con cui un suo compagno gli aveva comunicato delle grosse perdite subite in quella spedizione dai ribelli. Una spedizione che avrebbe dovuto infliggere un duro colpo agli invasori, ma che invece non fece vacillare Plutone e si concluse con un nulla di fatto. C’era stato dello spargimento di sangue da ambo le parti, ma niente in grado di spostare gli assetti geopolitici di una virgola.

Beth, povera donna! Andreas non l’aveva mai vista dopo la scomparsa di Trevor, ma gli era stato riferito che successivamente alla notizia della morte dell’uomo i suoi nervi avevano ceduto.

Solo che Trevor, allora, non era morto, e di sicuro non era morto nella Vallata di Igaluk.

Andreas era un uomo d’armi e sapeva leggere le tracce di sangue: quelle che imbrattavano l’orecchino non erano più vecchie di uno o due giorni terrestri. Significava che un paio di giorni prima Trevor era vivo, e forse lo era tuttora. Ma soprattutto significava che il ribelle era stato lì fino ad allora. In qualunque modo l’orecchino fosse piovuto dalla presa d’aerazione, il suo proprietario non poteva essersi trovato troppo lontano da quella segreta.

L’ornamento poteva essersi staccato dall’orecchio di Trevor in una collutazione oppure mentre gli uomini di Plutone ne portavano via la salma, e poi essere rotolato fino alla grata sospinto dal vento o da un animale; poteva persino essere stato infilato di proposito in quella condotta dallo stesso Trevor, allo scopo di avvisare il compagno del fatto che tra i resistenti di Titano c’erano altri superstiti.

In ogni caso Trevor e il suo gioiello si erano separati di recente e in quei paraggi, presumibilmente nel raggio di cento metri da dov’era recluso Andreas.