Siamo negli anni giusti per chi ama l’utopia, e Mack Reynolds raccoglie la sfida. Gli scenari utopici sono al centro della serie di opere con cui, negli anni Settanta, rivisita il classico di Bellamy, a partire da Looking Backwards from the Year 2000 (1973), offrendo punti di vista altalenanti.[10] Ma soprattutto, l’attenzione all’economia lo porta a immaginare scenari di abbondanza economica in cui resta spazio per gli insoddisfatti in cerca di comunità indipendenti da costruire. E allora abbiamo le città mobili di The Towns Must Roll (1969, ampliato in Rolltown nel 1976), con un titolo che è chiaro omaggio a Heinlein, a cui si lega Commune 2000 A.D. (1974), entrambi pieni di fiducia; le città orbitali in Satellite City (1975), più dubbioso; e soprattutto le comunità dei satelliti artificiali di Lagrange Five (1979) e di tutti i romanzi postumi completati da Dean Ing.[11] In questi romanzi è lo scenario a essere audace, complesso e ambizioso, mentre le trame sono dei thriller a volte risaputi (tranne forse l’ultimo). Ma questi scenari gli guadagnano un piccolo ruolo quasi di culto, che ambiguamente abbraccia i due estremi dello spettro politico. Da un lato, la sua immaginazione anarchica lo avvicina ai sogni di libertarian conservatori (come lo stesso Ing); dall’altro, l’utopia Lagrange Five conquista le lodi del marxista China Miéville.[12]Fuori dagli schemi restano racconti come Compounded Interest, uscito su Fantasy & Science Fiction nel 1956; un piccolo capolavoro allegorico che, scrisse Vittorio Curtoni, vanifica l’intera storia moderna dell’umanità, un’amara variante “economica” dei paradossi temporali di Heinlein, il circolo vizioso/moto perpetuo autoalimentante di un’accumulazione di denaro totalmente fine a se stessa. Molto accattivante è Earthlings Go Home (1962), bozzetto umoristico e disincantato sulla frontiera marziana, mentre Pacifist (1965, incluso nel già citato Year’s Best di Judith Merril) è un’ironica riflessione sulla violenza politica. Fra le storie degli ultimi anni, in All Things to All… (1978) Reynolds sembra guardarsi indietro, ripercorrendo un po’ tutta la sua carriera, e in Closer Encounter (1981) offre un’intervista con l’alieno come puro intermezzo comico: indizi di una maturità narrativa che non ha avuto la possibilità di perseguire.[13]