Il destino letterario di Reynolds è quello di un “minore”, che non riesce mai a sfondare fra le figure di primo piano della SF, né a godere di un recupero postumo come avvenuto con Dick. Rispetto a Pohl o Tenn, è giusto dire che il suo humor diventa raramente vera satira; rispetto a Dick o allo Sheckley migliore, che la predilezione per il realismo non permette lo sviluppo di una visionarietà personale. Anche rispetto ad altri autori di seconda fila, Reynolds resta comunque troppo ignorato, nonostante tre nomination a Hugo e Nebula per la short story: anche in vita, i suoi libri non godono quasi mai di ristampe, anche se continua a trovare editori e riviste per romanzi e racconti. La sua diversità “radicale” non diventa mai davvero visibile.Sui miti postumi, la risposta è facile. Reynolds era un “radicale”, ma nella sua vicenda non troviamo neppure un’ombra dell’“artista maledetto”. Nel giornalismo e nella narrativa, Reynolds è un professionista fino in fondo, che prima di morire lascia pronti alcuni abbozzi di romanzo e si accorda con un collega affinchè li completi, per pubblicarli a doppia firma, al fine di assicurare qualche soldo in più a moglie e figli. Chi cerca eroi romantici o maestri di vita si accomodi altrove. La diversità della sua formazione, da autore popolare, Reynolds la inserisce nell’attività di scrittore a cui, con il rigore e la dedizione dell’artigiano, ha dedicato la vita: rileggendo i suoi libri, sono molte le sorprese.
La prova di una passione reale per la SF è l’abitudine a inserire omaggi a colleghi nei nomi di svariati personaggi chiamati Brown, Cogswell, Cordwainer, Fredric, Simak… Con Brown, fra l’altro, cura un’antologia di SF umoristica (Science Fiction Carnival, 1953) e scrive diversi racconti; a parte le collaborazioni “postume”, firma storie a quattro mani anche con Theodore Cogswell e August Derleth. A guardar bene, altrettanto importanti sono gli omaggi a Heinlein; se le strade ideologiche presto si separano, resta in comune la matrice originaria del socialismo tecnocratico di Bellamy. Alcune sorprese nascono anche da questo.
Curiosamente per un autore “progressista”, è la Analog di John W. Campbell a essere il suo riferimento principale, più ancora delle riviste di SF sociologica come Galaxy e If. L’impianto delle sue storie, in effetti, è quasi sempre tradizionale e avventuroso: è il maggior limite di Reynolds. Su Analog, nel 1962 pubblica Mercenary!, poi ampliato in romanzo: un mondo diviso nei blocchi della Guerra fredda (con un’Europa terzo incomodo) che risolve le dispute attraverso scontri di gladiatori trasformati in spettacoli mediatici, e in cui le divisioni di classe si sono cristallizzate in complicati sistemi di casta. Intorno a questo mondo e all’eroe Joe Mauser, Reynolds imbastisce una serie di romanzi sostanzialmente leggeri (da noi è uscito il secondo, The Earth War, 1963), il cui tocco personale sta proprio nell’enfasi sulla struttura di classe, e nell’attenzione alla storia del blocco sovietico (particolarmente nel terzo, Time Gladiator, 1964).[6] Gli appassionati di una military science fiction non militarista possono senz’altro considerarlo un inatteso precursore.
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