“Io sono quel bambino che all’età di cinque o sei anni chiese alla madre: ‘Mamma, chi è il Compagno Gesù Cristo?’ non avendo mai conosciuto nessuno che non venisse chiamato Compagno a casa nostra”. Così scriveva nel 1973 Mack Reynolds su Science-Fiction Studies rispondendo a un forum dal titolo “Cambiamento, SF e marxismo: universi aperti o chiusi?” Nel suo pezzo, ricordava di essere nato in una famiglia di “socialisti marxiani”, e di essersi considerato per tutta la vita un radical, militante politico e lettore di Marx e delle teorie socialiste. Disilluso su un partito “inadeguato all’età moderna” e deluso dalle visite nei paesi del blocco orientale, Reynolds rivendicava anche come gesto politico la centralità dell’elemento socioeconomico nella sua fantascienza.[1]
Riprendiamo un vecchio “meglio dell’anno” curato da Judith Merril: il ricordo di Merril è quello di un uomo gioviale, amante della birra, con ottimi contatti, mosso da una dedizione totale per la professione di giornalista. E, in un rutilante virgolettato tratto da una lettera, fiero di una vita avventurosa: “La famiglia di mia madre andò in California durante la Corsa all’Oro, mio padre è stato due volte candidato per la Presidenza degli Stati Uniti… Una volta sono stato morso da un vampiro e ho ricevuto un trattamento antirabbico… Una volta, mentre attraversavo il Sahara diretto a Timbuctoo, sono stato rapito dai tuareg… Una volta mi hanno offerto di fare il soldato di ventura per Chiang Kai-shek… Una volta venni fermato dalla polizia giordana perché non riuscivo a dimostrare di non essere ebreo né Testimone di Geova… Una volta ho trafugato un perfetto vaso etrusco da una tomba italiana… E una volta, a Mosca, ho partecipato da osservatore a una manifestazione contro l’ambasciata Usa… Per quanto detesti che mi sparino, sono stato in una mezza dozzina fra guerre, rivoluzioni e rivolte militari… Una volta ho comprato per sei dollari un vaso Ming da un comunista cinese… Credo che il mondo stia attraversando una rivoluzione senza precedenti, nel campo politico come nella scienza, nei costumi sessuali e non solo, nella medicina e nei sistemi socioeconomici. E io l’appoggio senza riserve”.[2]
Militante convinto, con una punta di didatticismo, e uomo vissuto, un poco sbruffone: due maschere apparentemente contrastanti. Altrettanto contrastanti erano le opinioni dei colleghi: nel corso dello stesso dibattito su Science-Fiction Studies, Damon Knight aveva scelto le storie di Reynolds uscite negli anni 60 su Analog come esempi di una fantascienza aperta a “intelligenti discussioni” del marxismo, che anticipavano molti autori più giovani; al contrario, l’austriaco Franz Rottensteiner diceva di aver sempre “considerato la sua social SF un’ennesima variante delle storie di guardie e ladri, a volte indistinguibili da quelle di H. Beam Piper, politicamente all’opposto”. Salomonicamente e giustamente, Fredric Jameson concludeva notando come la scelta stessa della materia socioeconomica può essere, in Reynolds come in altri, un modo per accettare il confronto con le teorie politiche al di là delle intenzioni ideologiche dichiarate.[3]
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