Accade che durante un dialogo tra Ed Wonder e Tubber, costui avvii un’accesa filippica contro la “vanagloria delle donne” che lo porta a infuriarsi e a scagliare una sorta d’anatema:In verità ora maledico la vanagloria delle donne. In verità io dico che mai più tu troverai piacere nella vanità della tua persona, mai più ti compiacerai di dipingerti il volto e rivestire abiti di ricercata eleganza...
Da quel momento accade qualcosa di assurdo: ovunque le donne non sono più in condizioni di truccarsi e vestirsi con ricercatezza, pena il patimento di insopportabili allergie della pelle. Il fenomeno appare inspiegabile, ma solo Ed può mettere in collegamento i fatti, per quanto inverosimili. La storia prende un andamento frenetico: a successive sfuriate e “maledizioni” di Tubber, smettono di funzionare normalmente la radio, la televisione, poi il cinema, nel senso che è possibile vedere o ascoltare attraverso questi media soltanto programmi “non frivoli”. Qualche giorno dopo tocca all’editoria: tranne i libri fondamentali, gli altri diventano carta illeggibile. È l’avvio di una gigantesca frana che si allarga a cerchi concentrici alla società intera, minata in una delle sue componenti economiche essenziali: l’industria del tempo libero. Solo pochissimi in realtà, dunque (personaggi nella cerchia di Ed Wonder) conoscono l’origine del fenomeno. Per tutti gli altri ciò che accade resta incomprensibile. Superata in qualche modo una prima fase di sbalordimento, l’umanità scopre il suo dramma: non saper utilizzare il proprio tempo ora disponibile.
Cinema, radio, tv, stampa (ciò che ne resta), hanno di colpo perso valore per milioni, miliardi di persone; la gente ciondola per le strade ubriacandosi, litigando, devastando l’ambiente.
[Il professor Braithgale esclamò]: — Cosa succede a una società civile, quando a una situazione economica eccezionalmente sviluppata non si accompagna un adeguato volume di divertimenti pubblici? (...) L’essere umano medio, l’individuo-massa di oggi, non è più in grado di autoprogrammarsi, non è capace di pensare da solo a come impiegare il suo tempo. Non ne ha mai avuto occasione. L’uomo finora si è evoluto in condizioni tali per cui il tempo e le energie che aveva disponibili venivano gestite per lui da altri. Lavorava da dodici a diciotto ore al giorno, tutti i giorni. Oppure moriva di fame. Il tempo che poteva dedicare ai divertimenti era minimo: giochi tradizionali, il ballo, il cinema, erano diversivi sufficienti. Così l’uomo non ha mai avuto il tempo di annoiarsi (...) Bisogna ammettere che l’ozio è essenziale all’attività creativa. Finché coloro che lavorano non avranno anche il tempo di fare qualcosa che vada oltre l’attività indispensabile per sopravvivere, non esisterà una condizione per un vero sviluppo culturale.
C’è un momento del romanzo in cui Reynolds inserisce una discussione sull’interdipendenza fra religione ed economia; quest’ultima va così a saldarsi strettamente alle “maledizioni/incantesimi” di Tubber. Ciò, fra l’altro, riconduce il romanzo dal genere fantastico (nel quale pareva essere slittato) alla fantascienza, o comunque a un fantastico razionalizzato:
Buzz inghiottì un lungo sorso prima di rispondere a Ed: — Dove finisca la religione e dove incominci l’economia è un problema insolubile. Troverai che la maggior parte delle religioni del mondo hanno le loro basi nel sistema economico del loro tempo. Prendi ad esempio il Giudaismo. Quando Mosè stabilì quelle sue leggi, esse coprivano ogni aspetto della vita nomade degli Ebrei. Lo stesso per la religione di Maometto (...) E il Cristianesimo? È vero, all’inizio i Romani perseguitavano i Cristiani, ma fecero del Cristianesimo una religione di stato dopo essersi accorti che essa era perfetta per una società schiavistica. Prometteva la torta in cielo dopo la morte. Soffrite sulla terra, mangiate pure pane e acqua, lassù vi aspetta il dolce. Quale fede migliore per tenere in riga un popolo sfruttato? (…)
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