In tutto questo Emerson Hauser è l’uomo del mistero: “Emerson era lì la notte in cui tutti i prigionieri e il personale dell’isola sparirono. Avrà dei motivi tremendamente personali per scoprire cosa accadde quella notte, perché qualcuno gli fu portato via il 20 marzo del 1963.”
La produzione non ha lesinato nemmeno quando Abrams ha deciso che bisognava rigirare alcune scene: “C’erano due cose che volevamo rafforzare: le dinamiche del gruppo e il crimine della settimana. Avevamo reso al meglio i flashback e le storie che volevamo raccontare all’interno di Alcatraz e abbiamo pensato che ci fosse spazio per approfondire meglio i personaggi, il background di Rebecca, il motivo per cui vuole unirsi alla task force nonché il suo rapporto con Soto. Volevamo rafforzare questi rapporti e rendere la caccia ai fuggitivi molto eccitante.”
Il lancio americano del serial televisivo è stato più che positivo in termini di ratings: secondo l’attendibile "tvbythenumbers", il primo episodio (doppio in efetti) è stato visto da 9 milioni 968 mila persone, con un punteggio di 3,3 punti nella fascia ambita dei 18-49 anni.
Con questi risultati è probabile che la Fox decida di creare l’accoppiata Alcatraz-Fringe, oppure nella peggiore delle ipotesi, rimpiazzare del tutto la seconda nel caso di una non così improbabile cancellazione.
Anche le reazioni della critica sono state positive, anche se su livelli diversi: per Hollywood entertainment dopo l’entusiasmo iniziale la sensazione è stata che la serie non avesse raggiunto le aspettative iniziali; per il New York Post è un miscuglio saporito che grazie a un ottimo cast si distingue alla miriade di procedurals tutti uguali tra loro. Aggiunge anche che è proprio il personaggio di Diego Soto a far scattare la scintilla all’interno del gruppo e con il pubblico; per il Los Angeles Times la serie riesce ad avere la giusta misura di atmosfera e forte narrazione in grado di sostenere non solo il pilot, ma l’intera serie.
Alla fine è il trio di protagonisti a dare la giusta spinta al telefilm: una giovane ma forte, determinata e a tratti ossessionata Rebecca Madsen, interpretata da Sarah Jones che crea un personaggio in grado di ricordare la Nolivia di Fringe (l’Olivia alternativa per intenderci), ma senza la componente amorale: forte, determinata, ma con un cuore e parecchi problemi irrisolti, vero centro del telefilm; Un Sam Neill in stato di grazia, nei cui occhi brilla un fuoco pericoloso e che passa con nonchalance dal burbero ironico al più spietato bastardo mai visto; Jorge Garcia, vero occhio del pubblico, spaesato, stupito, terrorizzato, ansioso di conoscere segreti troppo pericolosi.
E su tutti loro le domande: Cosa è successo ai prigionieri e alle guardie nel 1963? Dove sono andati? Chi c’è dietro la loro scomparsa? Cosa vuole? Perché sembrano esserci dei bersagli molto specifici? Cosa apre la chiave di Sylvane? Perché nessuno di loro sembra ricordare cosa è successo? Come mai Lucy Banerjee è arrivata a lavorare con hauser? Come faceva lui a sapere che i prigionieri sarebbero tornati? perché nel carcere venivano prelevate grandi quantità di sangue? E come faceva il nonno di Rebecca a sapere che stava per succedere qualcosa di terribile?
Questo è solo l’inizio di un lungo viaggio: quello di Rebecca per scoprire la verità sul suo passato, e il nostro alla scoperta dei segreti della nuova isola di JJ Abrams.
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