L'intelligenza artificiale è uno dei temi preferiti dagli scrittori di fantascienza, che hanno affrontato questo argomento da molteplici punti di vista. Installata su corpi meccanici, all'interno di un elaboratore o disciolta nella rete, di volta in volta l'autocoscienza elettronica (ma anche quella positronica) è stata vista come una minaccia al nostro stato di specie dominante, come un aiuto per il nostro difficile cammino, come mezzo di vendetta per l'intera umanità, addirittura come nascita di una divinità.
Nel romanzo vincitore del Premio Hugo 2011 si esplora un'ipotesi del tutto nuova, niente di strano che a dare vita a un punto di vista innovativo sia stato un autore al di fuori dagli schemi come Ted Chiang.
Nel moderno mondo del lavoro le certezze non esistono, così può succedere che dopo sei anni passati come guardiano di zoo ci si ricicli come tester di programmi informatici.
Quando Ana Alvarado fa questo strano passaggio non può immaginare quanto il nuovo lavoro assomiglierà a quello vecchio, anche se gli "animali" di cui dovrà prendersi cura non sono fatti di carne e pelo, ma da righe di programma e avatar.
Il compito di Ana è quello di insegnare ai digienti, così vengono chiamati gli animali virtuali, a interagire tra loro e con gli umani in modo convincente e soprattutto che ispiri interesse e simpatia agli utenti di un mondo virtuale chiamato Data Heart.
Blue Gamma, la società che ha ideato e sviluppato i digienti, vuole che chi li compra continui a farli crescere e li tenga con sé durante la vita su Data Heart, in modo da continuare a vendere cibo e accessori vari.
Purtroppo al successo iniziale segue una crisi, mentre i digienti crescono e imparano richiedono sempre più attenzione, gestirli diventa via via più difficile, almeno per un utente medio, e alla fine la Blue Gamma è costretta a dichiarare fallimento.
Ana, ormai affezionatasi ai digienti, ne adotta due, Marco e Polo, continuando ad addestrarli e a interagire con loro; assieme a lei un collega, il designer Derek Brooks, e un gruppetto di irriducibili.
Ma quando anche Data Heart entra in crisi e viene assorbita da un altro universo virtuale, dove il motore utilizzato dai digienti non può funzionare, improvvisamente questi si ritrovano su continenti e isole spopolate, un vero e proprio dedserto virtuale, quale futuro attende le creature digitali?
Difficile classificare un romanzo come Il ciclo di vita degli oggetti software, una storia che potrebbe accadere domani... o che forse sta accadendo in questo momento.
In effetti i mondi virtuali sono una realtà acquisita, ormai sono più di cinquanta, frequentati da centinaia di milioni di persone, per chi ama la fantascienza il cyberspazio non è certo una novità, ma come al solito Chiang vede le cose con una prospettiva differente.
Niente scontri virtuali, e nessuna intelligenza artificiale che mette in discussione il ruolo dominante degli umani, sono piuttosto gli oggetti software che corrono dei rischi, travolti dall'indifferenza o dal progresso della tecnologia.
Inizialmente dubitavo che Il ciclo di vita degli oggetti software fosse da considerare fantascienza, l'impressione iniziale è stata quella di trovarsi di fronte a un saggio travestito da romanzo più che a una storia classica, nemmeno il finale ribalta questa impressione.
In realtà Chiang ha scritto un'opera che rientra appieno nella tradizione fantascientifica, e sebbene questo romanzo non abbia quasi nessuno degli elementi che di solito preferisco mi è piaciuto parecchio.
Certamente il ritmo non è certo frenetico, nel romanzo trascorrono molti anni senza che accada nulla, gli avvenimenti del mondo reale sono appena accennati, per esempio sappiamo che ci sono state pandemie influenzali, ma Chiang si limita ad annotarlo, senza fornire nessuna spiegazione.
Non sappiamo esattamente come si sta evolvendo la società, anche se la proposta di poter utilizzare i digienti come giocattoli sessuali sembra indicare che non ci sia stato un grosso miglioramento, tutto passa in secondo piano rispetto ai problemi che Ana e Derek incontrano per assicurare un futuro ai digienti, anche la possibile storia d'amore tra i due resta in un limbo, senza mai concretizzarsi.
I due personaggi principali sono ben caratterizzati, mentre altrettanto non si può dire dei comprimari, ma il vero punto di forza di questo romanzo sono le numerose questioni che pone, e che forse dovremo affrontare in un futuro non troppo lontano.
Per esempio qual è il vero confine tra un mero programma di computer e la reale consapevolezza di sé?
Dato che sembra evidente che il Test di Turing non riuscirà ad aiutarci potremmo trovarci nella condizione di dover decidere se cose perfettamente lecite con un insieme di linee di programma lo siano anche con un essere autocosciente e intelligente.
Lasciar morire di fame un "cyber-pet" in stile Tamagotchi è una cosa decisamente diversa dall'uccidere una creatura la cui intelligenza ci impone una forte responsabilità morale, e che dire del sesso virtuale, o del sadismo, considerato che in questi casi il realismo e la simpatia degli avatar sarebbero un incentivo anziché una remora?
E per rendere omaggio alla "sindrome di Frankenstein" è logico che l'umanità faccia evolvere un'intelligenza artificiale, che un domani potrebbe entrare in concorrenza con noi?
Insomma una serie di argomenti abbastanza scottanti, alcuni posti in maniera esplicita, altri impliciti nella storia.
Inoltre il romanzo racconta in modo affascinante come il mondo informatico cambi con una velocità impressionante, per chi ha vissuto l'avvento dei computer, di internet e delle comunità virtuali seguendo il cammino del mostro siliceo con passione è difficile non farsi prendere dalle vicissitudini che un oggetto software deve affrontare nella sua vita tribolata (e di solito breve).
Forse un'opera che non andrà tanto a genio agli amanti dell'avventura e dell'azione, ma un romanzo destinato ad avere una profonda influenza sul tema delle intelligenze artificiali.
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