Sarà stata colpa dell'ambiente.
Nel fornirmi la rivelazione del secolo, "Vetta" Montefusco non capiva perché ammainassi il giornale, impassibile quanto l'ingessatura che mi fasciava l’anca.
Di fatto, gli argomenti li aveva. Un misto di allusione e reticenza accompagnava ogni sua singola parola. Si muoveva da cospiratore professionista, aspettava una reazione.
Io lo fissavo scettico.
La voce, già afona di suo, gli filtrava smorzata dalla mascherina sterile. - Ok, adesso viene il meglio, Piggéi. Noi siamo la prova che è tutto vero. Tra i pochissimi al mondo che sanno di loro, ci siamo io e te… - sibilò toccandosi la tempia con l'indice. - Qui dentro… c'è la chiave di tutto… se solo potessi ricordare anche tu…
Non male.
Il Teatro, però, insegna che dei buoni tempi drammatici richiedono pause e una pausa vuol dire silenzio e attesa.
In corsia, purtroppo, il silenzio veniva metodicamente stuprato dal ronzio degli apparati medici e dal borbottare dei pazienti, mentre gli spot pubblicitari a parete distraevano di continuo lo sguardo. In quelle circostanze, sarebbero passate inosservate anche le trombe dell’Apocalisse.
- Lo so che quel che dico sembra assurdo. - sospirò Vetta. - Non importa, Piggéi. Questa storia è vera, caro mio… vera quanto il tuo pigiamino monouso. Li abbiamo visti insieme in missione, anche se non lo puoi ricordare. Esistono sul serio. Sono come… come delle grosse… lumache.
Monosillabai - Chi?
Un’espressione di disappunto lottò con la stizza per rubarsi la scena sul faccione di Ettore-Maria Montefusco.
- Uffa, loro, cazzo, gli alieni! - Le mani smisurate gli coprirono il muso nascondendolo alla vista.
- Tu non afferri la gravità della situazione… non ti rendi conto delle conseguenze… - mormorò scuotendo la testa.
Colpa dell'ambiente.
L'odore della pastina in brodo stava calando inesorabile a permeare la camerata dell'ospedale. I sensi rimasti ancora in servizio si ribellavano.
- Ettore, è ora di cena, questo sì che mi pare un problema serio…
L'infermiera Stazio confermò raggiungendoci con le sue abbondanze stipate alla rinfusa dentro il camice di Cheapex bianco, dietro il carrello la tallonava come un cagnolino.
- Ora di pappa, signori! Indovinate stasera cosa c'é?
Gli occhi di Vetta e i miei si fecero foschi per poi convergere preoccupati verso il distributore. Non ci voleva un genio della statistica per arrivarci.
- Minestrina…?
- Minestrina. - Confermò la donna sporgendosi verso il mio letto. La possibilità che ci crollasse sopra mi fece dimenticare per un attimo la tristezza della cena.
Con modi spicci, prese la temperatura dall'orecchio destro, applicò dei microdosatori sul collo e quindi sifonò brodaglia sintetica nei nostri dispenser.
Ettore, seduto accanto a me, moriva dalla voglia di continuare il suo racconto. Io avevo voglia di morire, ma altrove, possibilmente.
Essere un “gorilla” in manutenzione mi faceva rimpiangere persino il mio schifoso lavoro.
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