Dopo anni di limbo, Eymerich è tornato, a fine ottobre, sugli scaffali francesi. “Li pubblicheremo al ritmo di due editi e un inedito”, dice Mathias Échenay della Volte, la casa editrice che ha acquisito i diritti da Rivages, il vecchio editore dei romanzi di Valerio Evangelisti sull'inquisitore catalano.
Siamo a Nantes, agli Utopiales, il maggiore festival di fantascienza in Europa, “e forse nel mondo”, azzarda con malcelato orgoglio Pierre Bordage, scrittore di successo che ha presieduto negli ultimi 11 anni l'evento, e che ora cede il passo all'astrofisico Roland Lehoucq per dedicarsi a tempo pieno alla scrittura e ai suoi progetti.
E, dopo anni di assenza degli scrittori italiani dagli Utopiales, quest'anno troviamo fra gli ospiti Tommaso Pincio.
...Tommaso chi?
Già, Tommaso Pincio, nome d'arte di Marco Colapietro (immaginate a chi si è ispirato per trovare lo pseudonimo), è un autore che non bazzica davvero gli ambienti del fandom di fantascienza in Italia. “Ma io non sono un autore di fantascienza!”, protesta quando glielo si fa notare. E allora, che cosa ci fa qui? “Bisognerebbe chiederlo agli organizzatori - dice - però è la seconda volta che vengo agli Utopiales. La prima è stata cinque-sei anni fa, in occasione dell’uscita di Un amore dell’altro mondo”.
Poi, parlandoci, si capisce meglio il perché della sua presenza: “Quest’anno invece sono qui perché a maggio è uscito il mio ultimo romanzo intitolato Cinacittà, che propone uno scenario se vogliamo da fantascienza perché immagino che Roma sia cambiata, a causa di un riscaldamento globale che ha spostato tutti i romani al nord. Il romanzo però in realtà non è ambientato nel futuro. Anzi, siccome nomino alcuni fatti della storia recente, in particolare la stagione di Tangentopoli, periodo Craxi eccetera... e facendo alcuni calcoli con quel periodo, e l’età del protagonista, in realtà si dovrebbe arrivare a capire che il romanzo è addirittura ambientato qualche anno indietro rispetto al nostro presente. Quindi è uno scenario futuribile per quanto riguarda le nostre paure, perché propongo tre tipi di apocalisse: una è quella climatica, la seconda è quella razziale, cioè l’inquietudine rispetto agli immigrati, perché Roma viene praticamente dominata dai cinesi dopo la partenza di gran parte dei romani, e la terza è quella della catastrofe economica: immagino che all’euro subentri una nuova moneta chiamata globo, che porta all’impoverimento totale dei cittadini, e in seguito a questo nuovo scenario economico il protagonista rimane inguaiato in un fatto di sangue, per il quale poi finisce in carcere”.
Ma allora, è fantascienza o no?
“Possiamo parlare di crossover, di attraversamento dei generi. La storia segue un impianto tipicamente noir, perché è la storia di un personaggio che racconta dal carcere dove è rinchiuso perché è finito là dentro, di cosa è accusato, e quindi ha il meccanismo tipico del noir, proprio della storia alla Siménon, che è uno dei modelli a cui mi sono ispirato, per il tipo di narrazione. Però lo scenario è completamente fantascientifico, se vogliamo 'bladerunneriano'. Quando il romanzo è uscito tutti l’hanno paragonato a Blade Runner, come tipo di atmosfera. Io ho un po’ contestato questa cosa, perché in realtà mi sono più ispirato a RanXerox, per il tipo di Roma apocalittica descritta, che non a Blade Runner. Però ci tengo a sottolineare che questo tipo d’immaginario - diciamo così - fantapocalittico in cui devasto Roma, anche se sembra mutuato da un immaginario americano, in realtà è molto italiano, ma direi di più, anche molto romano. Un altro riferimento importante nel romanzo, in termini di paesaggio, è Fellini. È un incrocio tra Fellini e RanXerox, perché gran parte dell’azione si svolge in Via Veneto, quindi nello scenario della Dolce Vita, che però è stata completamente stravolta da questo riscaldamento globale, e le persone vivono un po’ in una situazione simile a quella del romanzo di Matheson, Io sono leggenda, cioè vivono di notte e dormono di giorno, anche se poi nel mio romanzo non sono vampiri. Però c’è questo aspetto felliniano. Tra l’altro, un’altra cosa interessante è che la prima versione cinematografica del romanzo di Matheson, L’ultimo uomo sulla Terra, con Vincent Price, è stato girato a Roma”.
La Roma apocalittica, dunque, parrebbe piacere ai francesi. Prendete nota, scrittori. E preparatevi, perché si potrebbero aprire ulteriori spiragli esagonali per voi.
Uno degli scopritori di Pincio da quelle parti, infatti, è lo scrittore Ugo Bellagamba, il cui nome tradisce radici che si diramano al di qua delle Alpi. Radici che ama, come ama la nostra lingua (“La mia parola preferita è 'magari'”). E, naturalmente, la letteratura.
Ora, si dà il caso che proprio Ugo Bellagamba sarà, a partire dall'anno prossimo, il direttore artistico agli Utopiales. E ha già le idee chiare su che cosa intende fare: prima o poi, forse già l'anno prossimo, il tema portante sarà la scienza, e poi gli Utopiales devono essere sempre più un luogo d'incontro per i professionisti. Ma ci saranno più ospiti italiani? “Naturalmente la fantascienza e tutto quel che c'è in Italia mi interessa al massimo grado. Quindi sì, per quanto possibile e compatibilmente con i temi affrontati. Dirò di più: l'anno scorso ho cominciato ad abbozzare i primi lineamenti di una mostra sulla fantascienza italiana, che ho intitolato 'La città che non esisteva'. È qualcosa su cui sto riflettendo, sì”.
Ma ci saranno ospiti italiani, anche se non sono pubblicati in Francia? “Non è per forza un problema. Per gli editori è naturalmente importante avere autori che sono stati pubblicati, perché il festival è anche una vetrina, abbiamo qui la più grande libreria specializzata di Francia, anche se solo temporanea. Ma poiché è un luogo d'incontro per i professionisti, un autore italiano, non pubblicato ma che abbia una competenza sull'argomento proposto, non solo è del tutto al suo posto, ma apre nuove prospettive. Se riuscissimo a far sì che un editore francese incontri un autore italiano per creare un progetto destinato a portare a un successo commerciale e di critica, credo che avremmo assolto a una delle funzioni di un festival come gli Utopiales”.
Ora, un piccolo segreto: Ugo Bellagamba ci ha svelato che “non sa dir di no” a chi gli propone progetti interessanti. Consiglierei a chi volesse tentare l'avventura francese di verificare se è vero.
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