— Ma… ma lei è un sol-soldato? L’uomo gli sorride. Si scosta dal bancone e si getta a terra, fa dieci flessioni perfette e poi si rialza senza mostrare il minimo affanno. Prende un foglio, lo gira e disegna un cerchio praticamente perfetto, ne misura con un righello il diametro e poi ne scrive a lato i valori dell’area e della circonferenza; quindi lo appallottola e centra il cestino che si trova nell’angolo opposto della stanza. Una breve rincorsa e, facendo forza sulle braccia, supera di slancio il bancone e atterra dall’altra parte a piedi uniti. Gli altri uomini presenti annuiscono compiaciuti.— Io un soldato? Ma ti sembro adatto a essere un soldato?Gaetano va a recuperare le idee nei corridoi del suo cervello; apre delle porte senza trovarle, visita stanze vuote in cui tende a perdersi e si ferma più volte al limite di buie voragini. Poi trova i concetti che fanno un buon soldato sparsi dove gli erano stati inculcati e li utilizza per formare una risposta.
— No.
— Appunto. Ma tu, invece, sarai un ottimo soldato. Adesso esci dalla porta che si trova a destra.
Gaetano si guarda attorno smarrito. Ci sono troppe porte. Deglutisce e torna a guardare l’uomo che non è un soldato.
Questi fissa l’uscita. — La porta a destra, quella a… — si ferma e indica con il braccio la porta sul lato destro della stanza. — La porta da quella parte.
Gaetano si avvia verso di essa con la sua andatura caracollante. Quando, al secondo tentativo, riesce ad aprire la maniglia, sente l’uomo dire a voce alta: — È un onore, figliolo. Un onore. Ricordalo sempre.
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Telegramma dell’ambasciatore Austro-Ungarico a Roma, von Merey, al conte Berchtold; 30 luglio 1914.
Il Ministro degli Affari Esteri ha spontaneamente introdotto oggi la questione dell'atteggiamento italiano nell'eventualità di una guerra europea. Dato che il carattere della Triplice Alleanza è puramente difensivo e dato che le nostre misure contro la Serbia possono precipitare in una conflagrazione europea, se non avessimo preventivamente consultato questo governo, l'Italia non si sarebbe sentita obbligata a unirsi a noi nella guerra. La nostra fraterna iniziativa nei suoi confronti e le promesse scritte di rivedere i confini comuni a suo favore, oltre che di concedere sostanziali guadagni territoriali da esigere alle nazioni nemiche sconfitte, la spingeranno probabilmente non a decidere per se stessa o a rimanere neutrale, ma ad allearsi con noi in una operazione militare. Personalmente si sente più a favore della seconda soluzione, che gli appare quasi certa, ora che gli interessi italiani nella Penisola Balcanica sono salvaguardati e anzi rafforzati, e ora che noi non cercheremo cambiamenti che possano darci un predominio dannoso agli interessi italiani nei Balcani.
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