Di sicuro perdono in originalità, ma la storia resta ricca di spunti affascinanti, di misteri irrisolvibili ed è da Simmons diretta con l’esperta mano dello story-teller, dando vita a uno spettacolare affresco di grande respiro come non se ne vedevano da tempo nella fantascienza. A temi classici come la galassia tutta umana dell'Egemonia (tema asimoviano e herbertiano), Simmons contrappone il tema moderno delle intelligenze artificiali ed orchestra un geniale tentativo delle I.A. di assumere il controllo dell'umanità, che ricorda ma forse supera il Neuromante di William Gibson e anticipa Matrix. In Endymion e nel suo seguito, che conclude la serie, i protagonisti di Hyperion sono o morti o assurti quasi al rango di semidei, e la Galassia completamente mutata da forze oscure dev'essere riportata alla normalità: è Martin Sileno, anello di congiunzione del grande ciclo, a distribuire agli eredi dell'umanità i compiti necessari per riportare la Galassia alla normalità e restituire all'uomo il libero arbitrio contro il dispotismo della Chiesa e delle Intelligenze Artificiali. In un poeta sono riposte le speranze di salvezza dell'umanità. Che qui l’autore abbia voluto dirci qualcosa?In effetti, con gli “Hyperion Cantos” Dan Simmons realizza un coraggioso tentativo di restituire alla fantascienza il fascino dello story-telling: Hyperion non’è altro che un’abbacinante antologia di racconti tenuti magistralmente insieme da una solida cornice narrativa. Ma fondamentalmente restano storie, ciascuna autoconclusiva, ciascuna meritevole di un posto di primo piano nel vasto panorama della narrativa breve fantascientifica. I “Canti” ripongono tutti i topos del genere: i viaggi nello spazio, nel tempo, nel cyberspazio; lo scontro tra civiltà umana e realtà aliene; gli incubi della bio-ingegneria; le speculazioni sull’evoluzione cibernetica e la singolarità tecnologica, che anticipa clamorosamente la nuova corrente post-human; lo scontro tra fede e ragione, scienza e teologia. Mescolando sapientemente tutti questi ingredienti, Simmons non disdegna di affrontare tematiche più generali e complesse. Gli “Hyperion Cantos” sono un grande inno al libero arbitrio dell’essere umano, all’incessante lotta contro ogni tentativo di sopraffare la libertà e la creatività. Il nemico, apparentemente, sono gli Ouster, mostruose aberrazioni dell’essere umano trasformate dall’ingegneria genetica. Eppure, nel prosieguo della saga l’Ekumene, il grande impero democratico dell’umanità, si staglia come un macigno in procinto di schiacciare la civiltà sotto il giogo della tirannide: è quel che accade in Endymion e nel suo seguito, dove la galassia è retta dalla Pax, che all’edonismo dell’Ekumene ha sostituito la cieca ortodossia di una rinnovata fede cristiana. I ruoli di buoni e cattivi si scambiano continuamente, e Simmons sembra suggerirci che non sempre ciò che è bello è anche buono, e ciò che è brutto dev’essere per forza anche cattivo.
Il fascino immutato di questo grande ciclo sta nella mirabolante solidità dell’universo di Simmons, dove il sense of wonder si respira a pieni polmoni, benché all’interno di una cornice nuova che recupera tutte le grandi rivoluzioni introdotte nella science-fiction nei decenni precedenti. Certo lo stile di Hyperion, che gli è valso premi e popolarità, non ritorna nei romanzi successivi, che seguono un impianto più classico; certo la trama a un certo punto si stiracchia, a volte s’inceppa, la qualità letteraria si spalma su un’opera troppo vasta per non soffrire di qualche caduta. Ma rispetto a tante opere successive, gli “Hyperion Cantos” si ergono come una pietra miliare per la fantascienza del XXI secolo.
Anche se Dan Simmons, che ha proseguito la produzione narrativa con un altro grande ciclo di successo, per quanto non all’altezza del precedente, Ilium, è stato al centro un paio di anni fa di una violenta polemica per alcune sue poco condivisibili esternazioni sul fondamentalismo islamico. Opinioni personali che secondo alcuni hanno finito per annacquare la sua prosa, non più in grado di raggiungere le vette precedenti, e che invece secondo altri hanno da sempre accompagnato la riflessione politica di Simmons in tutte le sue opere.
In fin dei conti, ciò non farebbe altro che rendere l’autore di Hyperion ancora più vicino al suo alter-ego narrativo, quel folle poeta, Martin Sileno, che è il grande vate – in tutta la sua geniali ambiguità – dei “Canti di Hyperion”.
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