Galassie tascabili da sfiorare con le dita. Se vi domandate quali mai possano essere le dimensioni dell'universo, la risposta è che, volendo, oggi bastano pochi megabyte, un iPhone e tanta passione per la fantascienza. Ciò di cui si sono serviti Michele Agosteo e Massimiliano Rossi, due giovani game designer che, dopo essersi fatti le ossa negli studi di compagnie di primo piano come Ubisoft, hanno deciso di lanciarsi nell'avventura dello sviluppo di un piccolo videogame originale tutto made in Italy, Project Mos: una simulazione spaziale a base di astronavi diretta alle piattaforme più calde del momento, il melafonino e la tavoletta magica del pianeta Apple. Ispirato ai classici del bedroom programming, quando ancora negli anni '80 i giochi elettronici nascevano fantasticando fino a notte tarda in cameretta o dando appuntamento in garage agli amici, il titolo della neonata Torbak Games catapulta in un futuro dominato da potenti multinazionali impegnate a spartirsi il sistema solare all'alba di vere e proprie guerre stellari per lo sfruttamento delle risorse. Battaglie, economia ed esplorazione si svolgono in multiplayer, interagendo costantemente con gli altri giocatori. Project Mos è già disponibile per iPhone, iPod touch e iPad. Si può scaricare gratuitamente dall'App Store all'indirizzo itunes.apple.com/app/project-mos. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con l'autore, Michele Agosteo, che in questa intervista (pagina 1, pagina 2, pagina 3) spiega caratteristiche e origini del gioco, dal colpo di fulmine per Homeworld ed Eve Online alla ricerca del giusto compromesso tra accessibilità e simulazione in un titolo pensato per un cellulare, seppure evoluto, ma anche di come lo spazio continua a rappresentare, con la sua infinitezza, un sogno di libertà e l'ultima frontiera con cui l'uomo, e la nostra società, dovrà un giorno confrontarsi.
Da chi è composta Torbak Games e chi ha lavorato su Project Mos?
Torbak Games è composta solo da me, Michele Agosteo, mentre su Project Mos abbiamo lavorato io e Massimiliano Rossi.
Su che titoli avete lavorato prima di questo?
Entrambi veniamo da Ubisoft, dove abbiamo lavorato per diversi anni a numerosi titoli per Pc e console. Io poi ho lavorato in altre aziende di videogiochi, mentre Massimiliano si è buttato sullo sviluppo iPhone, sul quale ormai ha molta esperienza.
Quali sono le differenze tra lavorare all'interno di un team, su un progetto per Pc e console di una grande software house, e invece lanciarsi nell'avventura di creare da zero, praticamente da solo, un gioco per iPhone?
Una piattaforma come iPhone permette anche a un team piccolo di sviluppare un titolo. Il contro è che devi fare tutto da solo, compresa la ricerca di visibilità, di cui si occupano i reparti marketing, che noi non abbiamo. Per il resto, come metodologie, realizzare un gioco in due o con un team di duecento persone non cambia molto. Rispetto a un grosso gruppo, quando si è in pochi si hanno meno problemi di gestione/comunicazione/coordinazione. Ma, di converso, se ci sono problemi, li devi risolvere da solo; inoltre, meno persone vuol dire anche meno risorse per implementare tutto quello che si vorrebbe, quindi si devono operare scelte.
A cosa si riferisce il Mos del titolo?
Il termine Mos risale ai primi prototipi che ho realizzato. Il nome che avevo dato era provvisorio e significava “Dominatore delle stelle” (Master Of the Stars in inglese). Banalotto. Però mi piaceva perché era composto da appena tre lettere.
Come descriveresti il videogame?
Project Mos ha una grafica in tre dimensioni ed è ambientato nello spazio, più precisamente nei pressi di Marte. I giocatori sono divisi in due fazioni: si affrontano con lo scopo di distruggere obiettivi chiamati Carrier e devono difendere quelli della propria fazione. I droni sono unità gestite dal computer, mentre i giocatori controllano astronavi quali corvette, cruiser, battleship. Il gioco ha una meccanica molto immediata, perché è pensato per utenti iPhone, quindi si deve poter fare tutto con semplici tocchi o passando il dito sullo schermo.
Come e quando è nata l'idea di Project Mos? È stato subito chiaro che si sarebbe trattato di un titolo multiplayer?
Sì, l’idea del gioco nasce nel lontano 2003, quando ho iniziato i primi studi per un browser game multiplayer in flash. Ho ripreso il progetto in modo alterno, realizzando due prototipi nel 2008 – 2009, poi abbandonati perché si basavano su idee troppo complesse, finché non mi sono deciso di ripartire dal piccolo e con un programmatore già esperto. Così ho proposto a Max di creare una versione ridotta del gioco per iPhone. L'idea gli è piaciuta e lo abbiamo realizzato.
Cosa vi ha indirizzato verso l'App Store?
La scelta dell’App Store è nata grazie all’esperienza maturata dopo aver partecipato allo sviluppo di un paio di applicazioni per iPhone. Abbiamo così deciso di raccogliere il materiale prodotto in precedenza e di adattarlo per iPhone. Con la sua facilità di accesso, questa piattaforma ci permetterà inoltre di inserire nuove funzionalità che si sposano con il progetto.
Project Mos potrebbe essere convertito per altre piattaforme in futuro?
Lo spero sinceramente. A mio avviso l'iPhone è una piattaforma interessante e lo dico da non fan della “mela”. Gli apparecchi in circolazione sono davvero tanti e accedere ai giochi è molto semplice. La mia idea comunque è di spostarmi un domani anche su Android e finalmente su browser, ma dipenderà da come va.
Quali sono state le sfide più difficili che avete dovuto affrontare durante lo sviluppo?
Almeno da parte mia la sfida più difficile non è stata dal punto di vista tecnico, bensì conciliare l’idea del gioco con l’utenza iPhone che ha abitudini diverse rispetto a chi usa pc e console. Gli utenti iPhone giocano nei ritagli di tempo, dove capita e al titolo che più li aggrada in quel momento; quindi il gioco deve essere immediato e questo è uno scoglio che stiamo ancora affrontando e su cui vogliamo migliorare.
Quanto è durato lo sviluppo, che sembra continuare ancora oggi, con gli aggiornamenti?
Lo sviluppo della prima release è durato circa due mesi, il che è pochissimo: non ci fai nemmeno un Tetris. Ma Massimiliano è davvero in gamba e il materiale e le idee che avevo raccolto negli anni ormai erano tanti. Ci siamo concentrati per cominciare sugli aspetti più complessi, lasciando per ultimo le faccende più semplici. Altre cose le abbiamo rimandate ai successivi update. Lo sviluppo pertanto è ancora in corso, le idee da mettere ci sono, come pure i suggerimenti pervenutici dai giocatori stessi.
Perché proprio un simulatore spaziale? C'è qualche videogame del passato che ti aveva affascinato particolarmente e a cui idealmente ti ispiri? Forse Elite?
Ho scelto un simulatore spaziale perché lo spazio offre il fascino dell'esplorazione e la libertà di movimento. L'uomo torna a sentirsi piccolo rispetto alla vastità della natura. Inoltre lo spazio è il futuro dell'uomo e con il tempo se ne parlerà sempre di più. In quanti si sono chiesti come si vivrà un domani nello spazio? Trovo sia un argomento interessante su cui farci un gioco. Senza dubbio i videogame che mi hanno affascinato di più sono Homeworld ed Eve Online. Il primo per la semplicità e innovazione; il secondo per la tenacia dei suoi autori nel creare un mondo tanto complesso.
Fino a una decina di anni fa quello dei simulatori spaziali era un genere che andava per la maggiore. Nel 2003, Freelancer aveva alle spalle ancora un editore di primo piano come Microsoft. Oggi resistono la serie X pubblicata da Deep Silver ed Eve Online; di recente c'è stata l'incursione dei giapponesi Sega e Platinum Games con Infinite Space. Che idea ti sei fatto della scena odierna delle simulazioni spaziali? Cosa manca perché ritornino ai fasti di un tempo, se credi sia possibile?
I budget per lo sviluppo di un gioco sono aumentati parecchio e sono sempre più paragonabili a quelli dei film. Le grandi società investono continuamente per cercare di primeggiare con una grafica migliore e con maggiori contenuti. Per fare titoli di successo servono decine di milioni di dollari in sviluppo e marketing. Ciò spiega perché sembra che ci siano sempre meno titoli davvero interessanti. I grandi guadagnano sempre di più, mentre i piccoli sviluppatori non possono che dedicarsi alle nicchie di mercato. Quindi, se hai un genere a te caro, è certo che qualcuno lo sta sviluppando, solo che devi cercarlo.
A parte i videogame, una simulazione spaziale come Project Mos è figlia anche di una passione per la fantascienza più ampia?
Il titolo è frutto di una passione personale per tutto quello che è lo spazio, la tecnologia e l'evoluzione umana. Mi aveva colpito molto il Ciclo della Fondazione di Isaac Asimov letto da ragazzo. Mi sono sempre piaciuti anche film e cartoni di fantascienza, laddove il tema era la tecnologia e l'adattamento a un nuovo ambiente in cui vivere.
Che peso ha la storia in Project Mos? C'è una sorta di racconto?
Nelle cinematiche viene fatto cenno alla rivalità tra società private e governi terrestri per il controllo delle risorse del sistema solare. Un racconto sarà presto disponibile e i prossimi aggiornamenti conterranno una maggiore interazione tra trama e azione, in cui verranno date risposte ai giocatori, per esempio sul perché gli obiettivi siano i Carrier, perché proprio Marte, ecc.
Un elemento chiave del gioco sembrerebbe essere la ricerca di una fisica il più realistica possibile. Era anche uno dei leit motiv dei “bei giochi di una volta” che pare essersi un po' perso con gli anni. Cosa si intente, nella pratica di Project Mos, per fisica realistica?
Project Mos è ancora lontano dall'essere un vero simulatore. Ho preferito un compromesso tra realismo e accessibilità. Le caratteristiche che mi sono imposto di avere assolutamente sono state: il movimento delle navi rispettoso dell'inerzia in mancanza di attrito; le dimensioni dell'ambiente e una velocità in linea con la realtà. Non ne potevo più di vedere nei videogame astronavi viaggiare lente nello spazio come un'utilitaria. Per raggiungere questi obiettivi ho svolto ricerche su riviste, forum, libri, wikipedia e mi sono avvalso della consulenza di un ingegnere aerospaziale nonché pilota, che mi ha dato molti spunti interessanti.
Cosa aggiunge al gameplay la fisica realistica rispetto a una fisica “completamente inventata”?
Innanzitutto il controllo dei movimenti della nave, che non si manovra più con tanta facilità spinta da chissà qualche forza soprannaturale. Diventa necessaria una certa gestione dell'inerzia. Vengono distinti assetto e traiettoria, lasciando ai giocatori la libertà di definire l'assetto, senza modificare la traiettoria. Il tutto è comunque presentato in maniera semplice, con la nave che appare già diretta verso l'obiettivo, in modo da rendere il gioco accessibile anche ai “piloti” meno esperti.
Potresti spiegare a una persona non pratica di iPhone come si fa a giocare al tuo videogame?
Innanzitutto bisogna possedere un iPhone, iPod Touch o iPad, e una connessione a internet. Poi è necessario collegarsi all'App Store, il “negozio” virtuale di Apple, e scaricare il gioco, che è gratuito. A quel punto, una volta online, ci si trova immediatamente nel campo di battaglia, dove si viene divisi in due schieramenti. Si devono distruggere le navi dello schieramento avversario, localizzare i Carrier nemici, che sono una sorta di portaerei nello spazio e che, eliminati, decretano la fine della partita. Durante il gioco si acquisiscono punti che permettono di accedere a navi più grandi. Le navi da supporto sono navi speciali che permettono di proteggere una nave alleata.
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