Vittorio Curtoni (a destra) con Robert Sheckley
Vittorio Curtoni (a destra) con Robert Sheckley
Originale nell’idea, pur usando un espediente classico della fantascienza, è Viaggi, dove in un tipico paesino italiano accade che i morti ritornino, basta seppellirli in un luogo preciso. Tutti gli abitanti del paese sanno di questa caratteristica del luogo dove vivono, ma si guardano bene dal divulgarla al mondo. In realtà, c’è un uomo che ha il dono di viaggiare negli universi paralleli e, quando muore, una persona viaggia per prelevare il defunto. Come quando muore un bambino e il viaggiatore si reca in un universo in cui lo stesso bambino è maltrattato e vive come un randagio e senza porsi problemi etici, il protagonista offre al bambino una vita migliore.

Bianco su nero, appena uscita per i tipi della Delos Books, si apre con L’uomo, l’ombrello e altre cose e contiene altre storie apparse nella precedente antologia Retrofuturo, tra cui Ti vedoViaggi. Inediti sono invece Incidente sessuale, La gaia bomba, Non è che io non mi capisca (apparso tuttavia in un’antologia dell’editrice Sottovoce, ma che ha avuto una distribuzione locale) e Bianco su nero, il romanzo breve che ha fornito anche il titolo all’intera antologia. Procedura empatica è invece apparso su Robot 62 (primavera 2011, Delos Books).

Lo spassoso Incidente sessuale ha come tema l’incontro dell’uomo con una razza di alieni superdotati sessualmente. Un racconto divertente, in cui ognuno dei vari protagonisti racconta dal proprio punto di vista l’incontro, o meglio l’incidente di natura sessuale che è al centro della storia. Ancora una volta torna la tematica del sesso e l’autore sembra quasi volerci avvisare che l’uomo è creatura invidiosa per natura, soprattutto quando si tratta della famosa invidia del pene.

Ironico e tagliente è invece La gaia bomba: Monza è stata scelta per sperimentare l’esplosione di una bomba molto speciale. Un ordigno che, in quanto distruttivo, provoca la morte di chi si trova nei suoi dintorni, ma dona anche il massimo del godimento: nei successivi dieci giorni dalla deflagrazione si vive il sogno di una vita intera vissuta proprio come si è sempre desiderata. Se il vostro sogno era di vivere come un miliardario, ebbene la gaia bomba vi offrirà in dieci giorni la memoria di aver vissuto come un nababbo. Il racconto sembra scritto a quattro mani da Robert Sheckley e Achille Campanile, in realtà è anche questo un racconto tipicamente curtoniano che prende di mira la televisione e il modo di fare informazione nella nostra società, ossia di spettacolarizzare il dolore e la morte.

Un piccolo gioiellino, all’insegna dell’humour nero, è Non è che io non mi capisca, in cui davanti ad un commissario di polizia distratto il protagonista spiega come e perché ha ucciso la propria moglie e quale ruolo hanno avuto i telefilm polizieschi. Come chiarisce l’autore piacentino nell’introduzione, il racconto è autobiografico, tranne ovviamente nel finale, e il noir costituisce l’ingrediente con cui è stata costruita la storia, non solo perché genere narrativo, ma perché movente della mano omicida. Lo stile con cui è stato scritto il racconto è davvero eccezionale, non solo perché conferisce alla storia un ritmo incalzante, ma anche perché è un esempio di come l’autore sappia padroneggiare la materia d cui son fatte le storie: frasi brevi, brevissime, in un crescendo che alla fine sappiamo condurrà in un finale sicuramente già intuito dal lettore, ma non per questo meno affascinante.

Ti vedo, già apparso nell’antologia Retrofuturo (Shake, 1999), si può definire un racconto cyber-horror. Scritto in prima persona, il protagonista confessa – al lettore, a se stesso? – il tradimento virtuale della moglie, collegata attraverso un appropriato apparato tecnologico al suo amante. Il sesso virtuale fra i due è il motivo scatenante della violenza del protagonista, anche questa virtuale, perché rimane ben richiusa nella mente del protagonista.

Anche in questo caso, Curtoni è bravo nel descrivere i pensieri di un uomo che medita di uccidere la moglie. Vincente è giustificata, poi, è la scelta di esprimere il tutto con un linguaggio forte, condito da parolacce e immagini ai limiti del porno. Non c’è dubbio che l’autore esprima anche una sua riserva mentale su questo genere di pratiche sessuali, molto più in voga oggi di quando il racconto è stato pubblicato per la prima volta.