“Qualcosa è nascosto. Vai a cercarlo. Vai e guarda dietro i monti. Qualcosa è perso dietro i monti. Vai! È perso e aspetta te.” (Rudyard Kipling)
Mattino
Attraverso la suola delle scarpette da arrampicata il climber percepisce la tenuta della roccia ed è una sensazione rassicurante. Così, in un unico movimento fluido, scarica tutto il peso sulle gambe e si lancia fino ad artigliare, con i polpastrelli della mano sinistra, una minuscola tacca, “quasi” invisibile, ma sufficiente a trovare un nuovo equilibrio statico.Trenta centimetri più in alto.Con la mano libera recupera un nut dalla maniglia porta attrezzi dell’imbragatura e lo incastra in una minuscola spaccatura della parete.
Strattona l’anello d’acciaio, ne saggia la resistenza, poi ci si assicura con un rinvio e inizia il recupero della corda e dello zaino appeso alla sua estremità.
Questa sosta, necessaria alla prossima progressione, gli concede il tempo per ammirare il panorama: l’aria tersa del deserto, il granito che si tinge di rosa con la luce del giorno, la verticalità della cattedrale di pietra che sta scalando in solitario.
Non è mai stato così vicino alla perfezione.
Immerge le mani nel sacchetto delle magnesite per asciugarle dal sudore e si accorge che, nel frattempo, la perfezione si è spostata un po’ più in su.
Almeno di altri trenta centimetri, verso la cima.
Sono necessari non meno di otto – estremi - tiri ed un pernotto in parete a mezza via per conquistare il Picco del Totem, ma come dice Jim Morrison in una sua canzone: “Non vivere con la paura di morire, ma muori con la gioia di aver vissuto”.
Pomeriggio
Inatteso, un veloce fronte freddo proveniente da nord ovest ha colto di sorpresa gli abitanti della cittadina con una fitta nevicata.In meno di due ore, il deserto è coperto da una coltre bianca.A malincuore, lo sceriffo ha lasciato il suo ufficio ben riscaldato per farsi il suo solito giro: sa bene che, con questo tempaccio, è facile che qualche forestiero si perda e finisca fuori strada, magari rischiando di congelare.
La jeep con i distintivi della contea percorre l’interstatale in direzione dell’aeroporto e, neanche a dirlo, un paio di miglia fuori città incrocia un vecchio furgone Volkswagen bicolore che si è piantato nella neve.
Lo sceriffo accosta e scende con la torcia elettrica spianata.
È sufficiente un’occhiata all’abbigliamento dei ragazzi e al materiale nel retro del veicolo per capire di chi si tratta: climber, arrampicatori, venuti dalla città per sfidare la vetta proibita.
Come rappresentante della legge sarebbe tenuto a trattenerli per accertamenti e magari a fargli un discorsetto sulla loro mancanza di rispetto nei confronti di un luogo sacro alla comunità indiana, ma qualcosa lo mette in allarme: si aspettava improbabili bugie ed
è invece evidente che i ragazzi sono in agitazione.
Uno di loro manca all’appello, stava provando una nuova via lungo il versante sud, risalendo all’interno di un camino naturale, ma da ore si è perso ogni contatto.
E la temperatura, con l’oscurità, sta calando rapidamente.
Il Mountaineering Rescue Team viene allertato via radio mentre nell’ufficio dello sceriffo la segretaria iniziai a preparare il thermos grande del caffè, i panini, le coperte termiche e il kit con il pronto soccorso.
In poco tempo una spedizione di soccorso, guidata da un rappresentante della tribù Navajo, raggiunge il campo base abbandonato ai piedi della montagna.
Sera
Il ragazzo ha lasciato il bivacco sospeso - troppo esposto al vento gelido - e si è diretto verso il lato riparato del picco. Non ha nessuna intenzione di rinunciare alla vetta.Il suo corpo però entra in crisi a metà del passaggio che traversa la parete: non sente più i piedi mentre braccia e gambe hanno preso a tremare incontrollate.Niente panico, si impone, è la paura che ti uccide. Ma la corda è ormai appesantita dalle stalattiti di ghiaccio e non scorre più nell’ingranaggio del discensore; deve alleggerirsi gettando nel vuoto tutta l’attrezzatura inutile insieme allo zaino.Salvo poi ricordare che - Oh Merda! - il telefono cellulare era proprio in uno dei tasconi laterali!
In qualche modo, pronunciando un mantra blasfemo, riesce a raggiungere una minuscola cengia scavata nel fianco della parete. Ora avanza lentamente, abbracciato alla roccia viscida.
La neve ha preso a cadere sempre più fitta, ma nella penombra della tempesta si è accorto che il sentiero penetra la montagna, attraverso una spaccatura.
Vi si insinua curvandosi innaturalmente ed espellendo l’aria dai polmoni per farsi più piccolo.
All’interno del cunicolo la luce della torcia sul caschetto è riflessa da bagliori dorati provenienti dalle pareti.
Cerca di ricordare i dettagli geologici che ha letto sulla guida alle “Cinquanta arrampicate classiche del nord America”, qualcosa a che vedere con lastre di mica e lamelle di biotite.
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