Estrasse il tubo dal serbatoio e il fiotto cessò di inondarlo. Cercò di sollevarsi con le braccia sulla sedia a rotelle e puntò lo sguardo al Palazzo. I Grandi, seminascosti fra gli uomini del seguito, stavano entrando nelle lunghe lucide automobili nere dei corpi consolari. Dei Capi che avevano partecipato all'assemblea ormai non mancava nessuno; Achille cercò le loro menti e le trovò, ma ancora in modo confuso, ricevendo quelle attività cerebrali come un’unica grande caldaia in ebollizione.In fretta, più in fretta!
Brani di pensieri più chiari cominciarono a filtrare nella sua mente. Venivano dagli uomini di Stato e si intrecciarono con i suoi, diventavano nitidi, rapidi, vorticosi...
L'accendino. l’accendino!
Tsien-dseu seguì i passi di Cerneskov. Aveva occhi lucidi e profondi che non lasciavano trasparire emozioni, Tsien sapeva ben dissimularle dietro la maschera del volto. Che il Presidente della Repubblica Popolare Cinese uscisse dopo Cerneskov e lo statunitense, gli appariva emblematico di una complessa serie di vicende. Secondo alcuni oppositori interni, le sue relazioni spesso burrascose con il premier sovietico e quello americano erano la spia di un complesso d’inferiorità, dovuto al modesto ruolo di spettatrice che la Cina si trovava ancora a svolgere rispetto alle due superpotenze protagoniste. L'essersi dovuto accodare agli altri due Grandi per la logica astrusa del protocollo, gli parve simbolico di questa situazione. Ammise con se stesso che la presenza della Cina, nel summit, era stato ancora una volta passivo. Ghiotta occasione perché, al suo rientro, si rinfocolassero polemiche acide di chi vedeva nella sua politica una connivenza borghese, un cedimento ideologico; di chi faceva risalire a lui la recente epurazione - in nome della Ragion di Stato e degli interessi del partito - degli ultimi oppositori, e la nascita di una nuova potenza imperialista.Tsien-dseu rifletté svogliatamente sugli strumenti che avrebbe potuto mettere in movimento: dai ta-dze bao al progetto di ulteriori rivoluzioni culturali. La sua attenzione fu richiamata dai lampi dei fotografi. Il volto ebbe un fremito d’emozione, ma fu un attimo. Ecco, anche Tsien entrava nella lunga auto scura...
Ora!
In attimi folgoranti Achille Cordeiro rivisse frammenti del suo passato. In particolare, immagini della sua fanciullezza negli Stati dei Nord Este. Zone della miseria più disperata unita ad arretratezza, malattie, fame, soprusi atroci e incontrollabili di sanguinarie mafie locali. Malattia e fame erano i sigilli che l'avevano segnato a vita, nel male e in ciò che a volte egli considerava il bene... Un “bene” consistente proprio nella sua situazione di diverso, creatasi per colpa e merito della vita cui era stato costretto.Per anni, nel periodo formativo della prima adolescenza, aveva sopportato strani e indiagnosticabili disturbi sempre più gravi che lo avevano portato alla sedia a rotelle. La sua eterna compagna e torturatrice era la denutrizione: quella stessa denutrizione - l’aveva scoperto anni dopo - che è effetto di stimoli ipotalamici. Troppe funzioni essenziali dell'organismo, con modificazioni umorali, erano integrate e coordinate dall'ipotalamo. Quella regione del cervello non era in grado di sopportare impunemente simili tensioni. I danni erano stati irreparabili, per lui come per migliaia di altri giovanissimi. Ma per Achille Cordeiro, inattesamente, non erano giunti solo effetti negativi.
Ebbe flash istantanei della figura di suo padre, un ricco straniero che si era insediato in quelle terre, e lo aborrì ancora. Ben protetto dallo status, l’uomo trascorreva le giornate all'ombra di una portantina vivendo sul lavoro sfibrante di dozzine di persone, fra le quali alcune donne, ridotte alla condizione di schiavi, di bestie. Poi si era buscato una sifilide, malattia molto comune da quelle parti, e aveva impestato anche sua madre, una contadina presto allontanata da casa. Non l’aveva più vista dall’età di cinque anni.
Ricordò vividamente coloro che erano morti - fisicamente o nel morale - nel Nord Este, e coloro che in tutti i nord este del mondo continuavano a morire o solo pativano per il vizio dell'uomo di imporsi al proprio simile: perché Achille Cordeiro rammentava volti, drammi, sofferenze; il bagaglio dei ricordi si era indelebilmente stampato nei suoi circuiti nervosi generando un'insolita ipersensibilità, una segreta possibilità di ricevere e lanciare potenti onde mentali. Forse, semplicemente, un estremo sistema di autodifesa.
Una facoltà ultra-umana, che per anni il brasiliano aveva anche tentato di utilizzare allo scopo di avvicinare le genti, affratellarle... Patetici sforzi! Aveva lottato nell'ombra per sé e per i suoi simili - mosca nell'oceano - cercando di far capire, di suscitare nel prossimo la comprensione. Società del benessere, corsa agli armamenti, spreco di materie prime e vite umane, la merda in cui l'uomo civile si crogiolava tappandosi occhi e orecchi soddisfatto della sua condizione di privilegio...
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