Si potrebbe presumere che laurearsi in Letterature Comparate con una tesi sulla fantascienza post-atomica sia un buon viatico per fossilizzarsi su cupe storie ambientate in un futuro dove la civiltà sia scomparsa o sull'orlo del crollo, ma Lanfranco Fabriani ha elegantemente evitato questo pericolo. Intendiamoci, nei diciannove racconti contenuti in I quadrivi del tempo e dello spazio non mancano le storie post apocalittiche, ma la narrativa di Fabriani spazia tra molti topoi della fantascienza, dai viaggi nello spazio ai pericoli corsi dai netrunner, dall'”inner space” agli universi paralleli, senza farsi mancare un tocco di fantasy.
Non potevano certo mancare l'agente Mariani e l'UCCI, il famigerato Ufficio Centrale Cronotemporale Italiano, con Agente Mariani: Si vive solo due volte una missione di routine diventa un brutto pasticcio, risolto non senza lasciare qualche traccia in una leggenda metropolitana, mentre il racconto I quadrivi del tempo è quello dove appare per la prima volta l'idea dell'UCCI. Ma l'antologia non si basa solo su queste storie con qualche racconto utilizzato da riempitivo. Certo l'agguerrita e burocratizzata pattuglia cronotemporale italiana (che a mio parere, ma non solo mio, non ha nulla da invidiare a quella di andersoniana memoria) ha permesso all'autore di mietere i maggiori riconoscimenti, e rappresenta il passo finale di un maturamento costante e continuo, non per questo gli altri racconti sono di livello inferiore.
La disperata determinazione della protagonista di Ancora nelle nostre ceneri, così come lo stanco senso del dovere del capitano Silvestri in Passaggi incrociati, sono momenti di alta scrittura, difficilmente dimenticabili. Anche se tra i primi e gli ultimi racconti è evidente la maturazione artistica di Fabriani, ogni singola storia di questa antologia ha una costruzione attenta ai dettagli, una trama solida e dialoghi a volte drammatici, a volte frizzanti, mai banali.
Eccettuato ovviamente l'ultimo racconto, che merita una nota particolare: si tratta di Le ali nuove, scritto per la Sviccata, concorso ormai leggendario nato per premiare la peggiore storia breve di fantascienza: quasi inutile dire che la vittoria è andata a un altro racconto, fatto che evidenzia un limite dell'autore: a suo agio sia con i toni drammatici che con quelli ironici nemmeno intenzionalmente Fabriani riesce a scrivere qualcosa di veramente brutto.
In Infected files sono raccolti dodici racconti differenti ma uniti da un filo comune, creati miscelando sapientemente tecnologia, biologia e volontà di sopravvivenza, spesso non soddisfatta. Lo sfondo varia continuamente, sia esso la metropoli verticale di Lacrime di uno sguardo di cartone o Irylionp la lurida, la Roma dei nostri giorni o l'incubo di cemento e ruggine dell'High-Rise, e anche i protagonisti dei racconti mostrano molteplici sfaccettature, ma il tema di fondo è sempre lo stesso: l'uomo ha perso la propria funzione di modello per la figura divina, ed è sceso dal gradino più alto della catena alimentare.
Creature biomeccaniche, connubi uomo-macchina, software autocoscienti o meccanismi autoreplicanti, tutti congiurano contro l'umanità, vista come una minaccia da abbattere, come una fonte di parti di ricambio o, peggio ancora, come un mezzo di riproduzione.
Tonani presuppone una sintesi tra la carne e il metallo che avverrà lentamente, per ragioni utilitaristiche, la comodità di portarsi dentro tutto quello che serve per essere sempre in contatto con il resto del mondo, o per migliorare le proprie performance, vincerà la ritrosia a farsi innestare apparati tecnologici. Allo stesso modo la comodità offerta da meccanismi sempre più intelligenti farà superare all'umanità il complesso di Frankenstein.
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