Forse la fantascienza non è nata in forma di racconto, ma certamente gli anni ruggenti, quelli di Amazing Stories e di Astounding Science Fiction, che hanno dato al nostro amato genere la forma attuale hanno vissuto principalmente di storie brevi. Nel periodo d'oro non sono mancati i grandi romanzi, ovviamente, ma anche loro dovevano soggiacere alla dura legge delle riviste, venivano pubblicati a puntate e spesso si trattava dell'unione di più racconti o dell'ampliamento di una storia breve. Anche quando, negli anni Cinquanta, si iniziarono a pubblicare romanzi direttamente in volume le riviste e i racconti non persero la loro presa, perlomeno negli Stati Uniti: ben diversa la situazione italiana.
Nel nostro paese la fantascienza ha preso una strada completamente diversa, dove il racconto non ha mai avuto la supremazia: emblematico il differente destino di Urania (rivista dedicata ai racconti) e I romanzi di Urania. Entrambe pubblicate nel 1952, stesso editore e stesso disegnatore (il grande Kurt Kaesar), la prima che chiuse i battenti dopo 14 numeri, la seconda che ha continuato (e continua tuttora) a pubblicare, una carriera durata oltre mezzo secolo.
L'altro grande tabù della fantascienza nostrana è la possibilità che anche gli autori italiani possano scrivere opere di buon livello, pregiudizio che si può riassumere con l'ormai celebre motto “A Lucca mai!”. Forse l'idiosincrasia per i racconti e per gli autori italiani sono collegate: per un esordiente il racconto è più semplice da padroneggiare, e una rivista può accettare un'opera appena passabile (o anche decisamente brutta) per completare un numero, molto più difficile che venga pubblicato un romanzo che non sia buono, la mancanza di un mercato per i racconti rende difficile per un autore alle prime armi farsi le ossa e maturare.
Gli autori nostrani hanno avuto la loro occasione con la rivista Oltre il cielo, fucina di talenti che hanno mosso i primi passi sulla rivista diretta da Cesare Falessi, per poi dare l'impronta a mezzo secolo di fantascienza italiana.
Poco a poco la situazione è cambiata, a partire dagli anni ottanta Lino Aldani e Ugo Malaguti iniziarono a pubblicare Futuro Europa, rivista di autori europei, e diverse antologie di autori italiani, tra cui vale la pena di ricordare A Lucca mai!, un titolo sottilmente ironico.
Ben presto le raccolte di autori nostrani iniziarono a moltiplicarsi, l'arrivo di internet ha accelerato il processo, permettendo collegamenti e possibilità di diventare visibili impensabili alle fanzines vecchio stile.
Una casa editrice in prima linea durante questo passaggio, Delos Books, quasi a voler mettere il suggello a questa rivoluzione copernicana, ha pubblicato, nel rapido giro di un trimestre, ben tre antologie personali di autori italiani. Gli autori in questione sono, in rigoroso ordine di pubblicazione, Lanfranco Fabriani, Dario Tonani e Alberto Cola. Alcune cose li dividono, provengono da tre città molto diverse come Roma, Milano e Tolentino e si occupano di cose diverse, tecnico informatico, giornalista e amministratore immobiliare sono le loro occupazioni. Città e mestieri dissimili, stessa diabolica abilità nello scrivere storie coinvolgenti, pur con tre stili inconfondibilmente differenti, e stesso vizio di fare incetta di premi letterari. Certo, come una rondine non fa primavera un premio non fa lo scrittore, ma qui siamo di fronte a sei Premi Italia e tre Premi Urania, oltre a una pletora di altri riconoscimenti di ogni tipo, ma soprattutto a una solidità narrativa e stilistica di tutto rispetto. Tutti e tre gli autori sono a loro agio sia con opere brevi sia con romanzi anche molto complessi, e se vincere un premio può non voler dire nulla essere pubblicati su Urania quando si arriva secondi, come successo a Tonani con Infect@, la dice invece lunga.
Il segnale è quindi inequivocabile, ormai gli autori italiani sono tanti, e la loro qualità è tale da poter tranquillamente pubblicare antologie personali, i vecchi tabù sono caduti, l'offerta è abbondante come non mai, sarà altrettanto per la qualità?
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