il futuro dell'umanità inizia con una scelta.
il futuro dell'umanità inizia con una scelta.
Graystone mostra a Joseph la più sconvolgente delle possibilità: riportare in vita, per quanto una vita sintetica, la famiglia perduta.Per Joseph, almeno inizialmente, è una possibilità che non aveva nemmeno sognato e che lo porta a legarsi ancora di più alla malavita, per far rubare un pezzo essenziale al progetto di Graystone.Per Daniel è il momento di far diventare realtà il sogno di ricongiungersi alla figlia perduta.

Dopo aver estratto la Zoe virtuale dal contesto della discoteca virtuale, prima la trasporta in un mondo virtuale buio, poi tenta l’impossibile: utilizzando il componente rubato, la inserisce nell’impressionante ma malfunzionate robot su cui sta lavorando per l’esercito.

Anche qui, la scena, che vorrebbe essere estremamente umana, scivola nello humor involontario, quando vediamo il gigantesco robot dire con voce metallica femminile “papà” per poi crollare a terra.

Per Daniel è la fine del suo sogno, ma non del suo progetto: con il chip rubato il suo robot (indovinate come si chiama?) diventa una perfetta macchina da guerra e l’appalto diventa suo.

Nel frattempo, un eminente personaggio politico viene ucciso, indirettamente a causa di Joseph e le indagini dell’agente federale ci fanno scoprire la reali motivazioni di un personaggio secondario, responsabile dell’attentato di Ben.

Joseph però, non riesce a portare avanti il suo sogno: incontra la versione virtuale della figlia nel limbo creato da Graystone, ma la ragazza è terrorizzata e non riesce ad accettare la sua nuova natura. Adama volta le spalle a Daniel, che vede avverarsi il suo progetto più ambizioso, ma perde tutto ciò che gli rimaneva della figlia.

O almeno così crede: il robot usato per la dimostrazione con i pezzi grossi dell’esercito giace su un tavolo metallico, pronto ad essere controllato. Ma il neonato Cylon, non è più solo un pezzo di metallo: qualcosa accade e il software originale si riavvia: Zoe è tornata.

Caprica è un telefilm di silenzi e emozioni represse, di ricerche di identità e immerso in un mondo che è all’apice del progresso, ma sta già crollando nella decadenza.

Ma soprattutto è un telefilm unito e diviso da tre diverse identità. La più riuscita, l’aspetto umano, rende i personaggi vivi e credibili, ci fa empatizzare con il loro dolore e le loro scelte. La precarietà della vita umana anche in un contesto così ipertecnologico colpisce molto vicino a casa.

La più pesante e invasiva è l’aspetto religioso: i dialoghi sono saturi di discorsi sul monoteismo, ma soprattutto il telefilm è pervaso da una difficile ambiguità, in quanto sembra legittimare le azioni più violente pur di imporre il punto di vista monoteistico. Il tutto senza un occhio critico che avrebbe reso quantomeno più bilanciato il tema più marcato della serie.

Più legata a motivi di target è l’ultima identità: il mondo dei teenager. Afflitto da una serie di stereotipi molto in voga nei telefilm di un certo tipo, ci vengono mostrati ragazzi e ragazze ribelli e ingestibili, ma le cui azioni sembrano essere sempre giustificate dalla motivazione: nessuno ci capisce, ma noi siamo migliori di voi adulti.