Rispondo subito alla domanda più gettonata relativa a Pace eterna: no, non c'è il minimo collegamento con Guerra eterna (The forever war, 1974), questo romanzo non è il prequel né il sequel né qualcosa di parallelo al suo illustre predecessore, è un'opera del tutto stand-alone.
Volendo cercare a tutti i costi un collegamento l'unica, tenue, relazione è che il protagonista è un soldato, infatti Joe Haldeman ha ambientato il romanzo in un futuro dove il progresso tecnologico non ha affatto eliminato la guerra.
Nel 2043 si sta infatti combattendo un conflitto definito subnucleare, dove il sub significa che non si usano molto le atomiche, solo tre città, e nemmeno delle più grandi, sono state nuclearizzate.
I paesi ricchi usano guerrieri meccanici definiti "Unità Combattente Remota di Fanteria" o, più comunemente Soldierboy, enormi armature controllate a distanza da un operatore mediante un collegamento neurale.
L'assenza di umani sul campo di battaglia permette di ridurre le perdite pur operando sul territorio, mentre i ribelli, eterogeneo fronte definito collettivamente "Ngumi" (pugno in swahili), impiegano tattiche di guerriglia e terrorismo.
Nonostante la superiorità tecnologica occidentale il conflitto non sembra essere prossimo alla fine, anzi si allarga ogni giorno di più e il numero di vittime continua ad aumentare, perlomeno tra i ribelli.
Julian Class è uno dei tanti operatori di soldierboy, il suo è un lavoro quasi privo di rischi fisici (perlomeno all'inizio del romanzo), ma le tensioni psicologiche a cui è sottoposto sono terribili.
Julian riesce comunque a condurre un'esistenza normale, ha una relazione con Amanda Harding, ma tiene nascosto questo rapporto in quanto lei è bianca e lui di colore, cosa che potrebbe creare dei problemi, dato il risorgere del razzismo nel sud degli Stati Uniti.
Julian e Amanda sono scienziati, nonostante lui sia stato richiamato, entrambi insegnano fisica e lei è impegnata nel ciclopico Progetto Giove, un ambizioso esperimento che si propone di indagare le fasi iniziali della creazione dell'universo.
Non si può dire che la loro sia un'esistenza tranquilla, ma le cose peggiorano improvvisamente quando due straordinarie scoperte, una relativa al Progetto Giove e l'altra alla connessione degli operatori di soldierboy, li mettono in una situazione di estremo pericolo: stretti tra una catastrofe globale e una setta di pericolosi fanatici Julian e Amanda dovranno lottare per la propria vita e per quella di tutta l'umanità.
Il mondo futuro immaginato da Haldeman non è certo piacevole, una guerra asimmetrica che si estende su diversi continenti, combattuta con armi di ogni tipo e sostenuta dalla propaganda, imperversa da anni.
La divisione tra paesi ricchi e paesi poveri è netta, quasi chirurgica: i primi dispongono delle nanoforge, macchinari in grado di sintetizzare prodotti di ogni genere partendo da elementi base come terra e acqua, i secondi lottano per impossessarsi di questa specie di inesauribile cornucopia.
La prima parte del romanzo è dedicata a delineare la psicologia dei personaggi e a tratteggiare il quadro complessivo, sebbene non manchino le scene di azione, alcune anche particolarmente forti, il ritmo è abbastanza lento.
Il romanzo accelera nella seconda parte, quando gli eventi iniziano a incalzare i protagonisti, che dovranno affrontare avversari anche più insidiosi e spietati dei guerriglieri Ngumi.
Ho avuto la sensazione che Haldeman si sia un po' lasciato prendere la mano da questo cambiamento di ritmo, in effetti alcuni dei fatti narrati risultano poco credibili, nella fattispecie il trasporto di una nanoforgia per migliaia di chilometri attraverso Stati Uniti e Messico appare abbastanza improbabile, come pure la risoluzione della vicenda.
I cattivi vengono sconfitti e la galassia viene salvata in modo semplicistico, simile all'aopparizione del deus ex machina utilizzato dagli antichi greci, concetto che Haldeman utilizzerà in modo ancora più pesante nel deludente Missione eterna (Forever Free, 1999).
Altra cosa che non mi ha pienamente convinto l'adesione incondizionata di Julian al processo attraverso il quale garantire la pace eterna del titolo, le argomentazioni degli scettici mi sono sembrate fondate, e non vedo un gran futuro per lui e i suoi compagni.
Questi difetti tarpano un po' le ali a questo romanzo, nonostante le anticipazioni tecnologiche, le tematiche ancor oggi attuali e i molti personaggi interessanti, e sebbene di piacevole lettura Pace eterna non coinvolge appieno il lettore, non riuscendo a elevarsi al rango di capolavoro.
Un plauso alla bella copertina di Franco Brambilla e alla nuova traduzione di Dario Rivarossa, mentre una nota di demerito spetta alla quarta di copertina, che continua una grande tradizione uranica di sottili (a volte nemmeno tanto) fraintendimenti.
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