Qualcuno ricorderà un gioco arcade del 1980 dal titolo Berzerk, uno sparatutto creato dalla Stern Electronics. Il gioco s’ispirava vagamente alla saga di romanzi Berserker di Fred Saberhagen, in cui dei robot intendono sterminare ogni forma di vita organica.
Il videogioco, infatti, è ambientato in un labirinto e obiettivo del giocatore è di sopravvivere a robot che sparano laser. Si deve percorrere il labirinto, sparando i robot, ma anche evitando di toccarne le pareti, pena l’eliminazione.
Se non è proprio il primo, è sicuramente uno dei primi videogiochi che s’ispirano a una saga letteraria. A trent’anni di distanza dalla sua messa in vendita, oggi assistiamo a un fenomeno inverso: si scrivono romanzi ispirati, anzi per meglio dire, tratti da videogiochi.
Alcuni titoli: Resident Evil, God of War, Halo, Doom, Metal Gear Solid. È un fenomeno in continua espansione e ancor più interessante è il fatto che la stragrande maggioranza di tali titoli (videogiochi e romanzi) sono ascrivibili al genere fantascienza.
Non ci sono numeri per quanto concerne la vendita di tali romanzi, ma un fatto è certo: a scrivere tali opere sono spesso scrittori di primo piano della fantascienza. Ad esempio, John Shirley ha scritto un romanzo tratto dalla saga video ludica di Doom, e uno per il game Bioshock; Greg Bear è autore di Halo Cryptum, ispirato al videogame Halo e, ancora, Raymond Benson si è confrontato con il videogioco di Metal Gear Solid.
Ovviamente, dietro tutto questo fenomeno c’è una strategia di marketing molto precisa: l’uscita di un videogioco è supportata da una serie di altri prodotti multimediali, che possono andare da contenuti speciali rintracciabili su un sito web al romanzo, dal fumetto alla produzione di un cartoon con protagonisti i personaggi del game, fino a contenuti speciali per il proprio telefonino. Si tratta di quello che gli esperti di comunicazione chiamano cross media: si prende un contento, che inizialmente è veicolato per uno specifico mass media, e poi lo si declina in modo specifico per altri canali comunicativi. Attenzione, non stiamo parlando di veicolare lo stesso contenuto su vari mass media. Ad esempio, non rientra nel cross media l’adattamento a fumetti di un film, perché in questo caso si tratta dello stesso contenuto adattato a un linguaggio e media diverso (dal film al fumetto). Cross media significa che io ho un film e realizzo un fumetto che è un prequel del film. Stesso universo narrativo, media diversi, ma anche storie diverse per il film e il fumetto.
Detto questo, però, vale la pena di porsi alcune domande e provare a riflettere sul fenomeno dei romanzi tratti da videogiochi. Primo: è evidente che se si scrive un romanzo e si pubblica, c’è alle spalle un lettore che è interessato a leggere su carta storie che ha vissuto giocando davanti al proprio televisore. C’è, evidentemente, un mercato. Secondo: ma chi è questo lettore? È solo il giocatore o anche il normale lettore di fantascienza? Ancora: facciamo il caso che un ragazzo che normalmente vive di pane consolle, decida di leggersi il romanzo del suo videogioco preferito, c’è la possibilità che diventi un lettore di fantascienza e che passi che so da Doom ad Asimov?
Personalmente sono pessimista. Credo che i pubblici siano separati a compartimenti stagni. Sostanzialmente, a mio modo di vedere, un ragazzo che gioca a Halo o a Dead Space non si prenda per nulla la briga di andarsi a leggere un romanzo di fantascienza, pur trattandosi dello stesso genere narrativo che lo appassiona come videogiocatore. Al massimo, per l’appunto, potrà trovare interessante leggere una storia tratta dal suo game preferito. È lo stesso discorso che vale per il cinema: Avatar è diventato il film che ha incassato di più nella storia del cinema, di conseguenza bisognerebbe aspettarsi che anche per la fantascienza letteraria ci sia un ritorno, un picco nelle vendite? No, ovviamente non è così. A chi ha visto il film, e magari gli è anche piaciuto, non gliene frega niente di andarsi a leggere un romanzo dello stesso genere.
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