Non posso fare a meno di considerare i vari alfabeti cuneiformi, Lineare A, B, e tutto quanto

fa riferimento al mondo antico dei glifi, come a degli anticipatori di un modo di esprimersi che potrebbe tornare comodo nel futuro; forse per un postumano potrebbe esser più pratico e veloce disegnare l’esemplificazione Swype di una parola piuttosto che impegnarsi nella digitazione di una frase alfabetica, magari lunga e bisognosa d’altri termini che aiutino a definire meglio il concetto. A parziale conforto di questa mia idea leggo da Wikipedia, sull’argomento “scrittura cuneiforme”, (http://it.wikipedia.org/wiki/Scrittura_cuneiforme) questo incipit: La scrittura cuneiforme è un tipo di antica scrittura che si eseguiva con uno stilo, imprimendo sull'argilla particolari segni o glifi composti da brevi incisioni a forma piramidale e appuntita, che possono ricordare dei chiodini o dei cunei. Da cui appunto la definizione di scrittura cuneiforme.Si tratta di una delle prime forme di scrittura documentate nel Vicino Oriente, direttamente derivata dalla evoluzione e stilizzazione di una precedente fase di scrittura fondamentalmente figurativa, a base di pittogrammi, creata a quanto sembra dai Sumeri, primi abitanti storicamente documentati dell'antica Mesopotamia (oggi Iraq), fin dalla fine del IV millennio. Attraverso i secoli la rappresentazione pittografica dei segni assunse sempre più un aspetto stilizzato, e le stesse linee, originariamente disegnative e continue, furono segmentate in una serie di tratti, o cunei, divenendo sempre più indipendenti dalle forme originarie, e quindi sempre meno riconoscibili.

 

Se la mia teoria si concretizzasse, saremmo in presenza di un ciclo storico che si chiude, si esaurisce dopo aver percorso un giro completo di conoscenza. In ogni caso, la porta del postumanismo sembra fissata su cardini che inconsciamente richiamano le sofisticate semplicità che i primi umani avevano adottato. Un ossimoro che impegna i nostri pensieri alla ricerca di una spiegazione allo stesso tempo semplice e complessa.

Ciclicamente, la cultura umana sembra sempre riferirsi al suo passato, più o meno remoto, quasi ci stessimo muovendo in un range ben definito, in una sorta di campo di concentramento dove i più arditi sforzi di innovare riportano sempre al punto di partenza (come nel serial The Prisoner); per volare davvero via dovremo fare uno sforzo sovrumano (letteralmente) oppure il postumanismo rimarrà sempre un sogno, un orizzonte mancato in cui il cielo ci sembrerà sempre azzurro, senza riuscire mai a capirne i motivi intrinseci della sua esistenza. La tecnologia è un mezzo, ma bisogna saperlo sfruttare, comprendere, sviscerare nelle sue notevoli implicazioni, riflettendo sempre su cosa coinvolge il suo utilizzo e cosa nasconde la sua teoria, altrimenti saremo sempre dei cavernicoli davanti a un videoterminale di pietra, com’era nelle strisce di B.C., e non degli esseri capaci di navigare il continuum, alla scoperta d’altre dimensioni che non sono comprese nel nostro dominio.