Anche Inception ha avuto la sua bella campagna di marketing virale, iniziata addirittura lo scorso anno e costruita con gradualità nel tempo. Il fulcro della campagna si trova nel sito ufficiale del film http://inceptionmovie.warnerbros.com/, che di fatto funge da collegamento per una rete di altri siti, ciascuno dei quali si occupa di un determinato aspetto del film.Dal sito ufficiale, oltre a trovare tutte le informazioni relative alla trama e al cast e parecchio materiale da scaricare, è possibile raggiungere altri siti. ecco una breve carrellata:
http://www.mind-crime.com/: è forse il perno centrale della campagna. Si tratta di un videogioco online che si può giocare direttamente nel browser (previa installazione di un apposito plugin per la grafica). Il gioco, suddiviso in quattro stage selezionabili all’inizio, è un action in terza persona: il giocatore stabilisce il punto di partenza e di arrivo in una griglia, dopodiché il gioco automaticamente crea la mappa della città. Scopo del giocatore è raggiungere il punto di arrivo raccogliendo i vari bonus, visitando le aree segrete, accumulando punti senza farsi beccare dagli agenti della sicurezza. Nel corso dei mesi il gioco è stato arricchito da nuovi personaggi e strumenti da utilizzare; è possibile modificare la mappa aggiungendo o togliendo elementi. L’interazione consiste nella possibilità di rubare bonus dalle mappe di altri giocatori collegati o aggiungerci degli elementi, ricreando così la dinamica del film.
http://inceptionmovie.warnerbros.com/thecoboljob/: sito su cui è possibile leggere e scaricare The Cobol Job, comic book (in inglese) con una storia originale che funge da prequel del film.
http://protectyourthoughts.com/: il progetto Protect your thoughts (proteggi i tuoi pensieri) cala il navigatore direttamente nel mondo del film, attraverso la possibilità offerta dall’azienda Verizon di proteggere le proprie idee dal Mind Crime; in pratica il sito permette l’accesso, direttamente o tramite Facebook, a una serie di applicazioni (disponibili anche per cellulari) di cosiddetto brain training.
http://gs.protectyourthoughts.com/: il sito contiene una piccola e divertente applicazione che permette di creare filmati in cui i navigatori, riprendendosi con webcam, si ritrovano ad agitarsi vorticosamente nel corridoio rotante visto nel film. I video possono essere caricati sul sito e condivisi con gli altri navigatori.
http://inceptionmovie.warnerbros.com/enterthedream/: da qui invece è possibile creare poster personalizzati del film, ovviamente con le proprie fotografie o con immagini a scelta. In pratica una minuscola applet di fotoritocco; anche qui le applicazioni possono essere condivise in rete.
http://www.inceptionscore.com/: il sito propone in ascolto le tracce della colonna sonora composta da Hans Zimmer.
Negli USA inoltre sono stati lanciati spot televisivi che mettevano in guardia dalla possibilità che le autorità possano entrare nella mente dei cittadini; in alcune città sono, infine, apparsi manifesti con frasi ad effetto, che ricordavano molto i poster “Riservato ai non umani” che hanno costituito il punto più visibile della campagna virale di District-9, basata sul più recente guerrilla marketing.
Tutto ciò è interessante, anche se non particolarmente innovativo visto che si riferisce a tecniche in uso da almeno un quindicennio. La questione, però, è un’altra, ed è di tipo più generale. L’utilizzo esteso di questi strumenti ha come effetto finale quello di creare un livello di contenuti rispetto al prodotto da promuovere. Ora, si da il caso che a differenza di prodotti materiali, un film (come un libro, un cd, un’opera d’arte eccetera) abbia già un proprio contenuto artistico e culturale, naturalmente più o meno accentuato a seconda del tipo di film. Proponendo una valanga di utilità adatte a stimolare la ricettività dei potenziali fruitori, si corre il rischio che gli spettatori arrivino nelle sale già “scarichi”, cioè con la fame di aspettative parzialmente soddisfatta e quindi meno interessati e pronti a raccogliere il messaggio emotivo dell’opera, e a farsi coinvolgere. Si dirà: ma sono solo banali videogiochi, banali applet per telefonini, banali contenuti interattivi. Appunto, proprio perché sono banali, alla fine riescono a banalizzare anche ciò che intendevano promuovere.
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